sabato 14 luglio 2018
Irruzione notturna all'università contro i manifestanti che la occupavano: i giovani si sono rifugiati in una chiesa vicina. Lunga mediazione dei vescovi per farli uscire. Due i morti
Nicaragua, studenti assediati dai paramilitari. I vescovi li salvano
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I muri bianchi della chiesa della Divina Misericordia sono marchiati dai proiettili. Anche la grande immagine di Gesù è stata ferita. Per dodici ore, la parrocchia di fronte all’Università nazionale autonoma del Nicaragua (Unan), è stata sotto il fuoco incrociato dei gruppi paramilitari, le cosiddette “turbas”. Da quando è cominciata la rivolta, il 18 aprile, sono questi ultimi a fare il “lavoro sporco”. E sono state le “turbas”, dunque, venerdì sera ad attaccare l’ateneo, occupato da maggio dagli studenti in protesta contro il presidente Daniel Ortega. Hanno atteso il calar del sole per attraversare una Managua deserta e paralizzata dal secondo sciopero generale, organizzato dall’opposizione.


E cogliere i ragazzi di sorpresa. Il blitz è stato brutale. I commando hanno sparato con armi di grosso calibro contro gli studenti che cercavano riparo dietro le barricate. Uno di loro è morto sul colpo. Un altro, gravemente ferito, si è spento poche ore dopo nella chiesa della Divina Misericordia. Là si sono rifugiati in oltre cento, in fuga dalle raffiche delle “turbas”, insieme al giornalista del Washington Post, Joshua Partlow, e al corrispondente di 100% Noticias, José Noel Marenco. I sacerdoti Raúl Zamora e Erick Alvarado, che si trovavano all’interno della parrocchia, li hanno accolti e hanno improvvisato un ospedale da campo per curare i 14 feriti. I paramilitari, tuttavia, non si sono arresi e hanno cominciato a sparare sulla chiesa, colpendo altri due ragazzi.

I messaggi strazianti, inviati da questi ultimi via cellulare e diffusi sui social network, hanno fatto accorrere sul posto parenti, amici e altri dimostranti, giunti per liberare i ragazzi. Non hanno, tuttavia, potuto avvicinarsi poiché la polizia ha circondato la zona. E impedito l’accesso perfino alle ambulanze, chiamate per soccorrere i feriti. Fino alla tarda mattinata di ieri (la sera in Italia), la folla è rimasta là, di fronte agli agenti armati fino ai denti.

Con il rosario in mano, alcuni in piedi, altri in ginocchio, hanno pregato, alternando alle orazioni il canto di vecchi brani rivoluzionari. Gli stessi che, negli anni Settanta, intonava anche il presidente-comandante, all’epoca dell’insurrezione anti-Somoza. A salvare gli assediati sono stati il nunzio, monsignor Waldemar Stanislaw Sommertag, e il cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua. All’alba, dopo una nottata trascorsa a mediare, i due si sono presentati alla Divina Misericordia per portare via i ragazzi, accompagnati da vari bus e dai rappresentanti dell’Onu e della Corte interamericana per i diritti umani.

Dopo un estenuante tira e molla, alla fine, sono riusciti a liberare gli assediati, subito trasferiti nella cattedrale, in attesa di garanzie di sicurezza per poter andare a casa. È l’ennesima volta che la Chiesa deve precipitarsi a riscattare gruppi di manifestanti nel mirino degli agenti e dei paramilitari. L’episodio più celebre è avvenuto a Masaya il 21 giugno, quando i vescovi hanno fatto da scudi umani ai dimostranti. Lunedì, in un intento analogo a Diriamba, i pastori sono stati attaccati dalle “turbas” e picchiati. Nonostante l’aggressione e le continue violenze, la Conferenza episcopale nicaraguense ha deciso di proseguire la difficile mediazione nel dialogo tra governo e opposizione.

«Non smettiamo di scommettere sul negoziato. Non c’è altra via d’uscita dalla crisi, come ha ripetuto più volte papa Francesco», ha affermato il cardinale Brenes. «È necessario fare il possibile per tenere in vita il dialogo. Chiedo uno sforzo a tutti coloro che hanno incarichi di responsabilità», ha aggiunto il nunzio. Di fronte all’escalation repressiva del governo, l’opposizione ha organizzato, durante il fine settimana, una serie di cortei. Il presidente, però, non sembra disposto a lasciare il potere. È ha già annunciato fastose celebrazioni per giovedì prossimo, 39esimo anniversario della rivoluzione sandinista, di cui si è autoproclamato unico rappresentante.



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