martedì 9 febbraio 2021
Quarto giorno di proteste contro il golpe militare e per il ripristino della democrazia. La polizia fa irruzione nella sede del partito di Aung San Suu Kyi
Un poliziotto durante le manifestazioni in Myanmar

Un poliziotto durante le manifestazioni in Myanmar - Reuters

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Le mani dei generali si sono sporcate per la prima volta di sangue dalla proclamazione dell’emergenza successiva al colpo di Stato del primo febbraio in Myanmar. Una 19enne è stata colpita alla testa da un proiettile durante una manifestazione nella capitale Naypyidaw. Idranti e proiettili di gomma sono stati utilizzati più volte in una giornata di proteste intense e diffuse in tutto il Paese, ma si sono anche sentiti colpi di armi da fuoco, “giustificati” dalle autorità con la necessità di allentare la pressione della protesta sparando in aria a scopo dissuasivo. Non si sa se la ragazza uccisa sia stata colpita da un proiettile vero o di gomma

In serata, militari hanno fatto irruzione nella sede della Lega nazionale per la democrazia, partito vincitore delle ultime elezioni non riconosciute dai militari, e distrutto quanto vi si trovata. Un atto intimidatorio, come il coprifuoco notturno, la legge marziale, la proibizione di raduni di più di cinque persone, le minacce contro chi osi minare la «stabilità» del Paese. Senza tenere conto che il Paese non intende più tornare nel buco nero della dittatura che ha significato repressione e miseria. La popolazione sa di poter contare sul sostegno internazionale. Discorso rovesciato per per il regime che rischia isolamento e sanzioni che nemmeno l’appoggio cinese potrebbe compensare.

La folla coperta di plastica per proteggersi dagli idranti

La folla coperta di plastica per proteggersi dagli idranti - Reuters

La Nuova Zelanda ha deciso, con un discorso duro e ispirato della premier Jacinda Ardern, di rompere gli indugi e sospendere i rapporti diplomatici con il Myanmar, chiudendo anche le porte a ogni ingresso di militari birmani o individui connessi con i loro interessi. Altri Paesi potrebbero presto seguire l’esempio neozelandese, mentre il Consiglio per i diritti umani dell’Onu terrà venerdì una sessione straordinaria su richiesta dell’Unione Europea e della Gran Bretagna.

Le tensioni più forti si sono trasferite da Yangon, la principale città del Paese, a lungo sede della lotta nonviolenta della premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi e della sua Lega nazionale per la democrazia, a Naypyidaw, asettica capitale politica costruita negli anni della dittatura per isolare e “proteggere” il regime militare dall’opposizione interna come da temuti attacchi dall’esterno. Un isolamento oggi anacronistico. L’incredulità delle prime ore e la frustrazione dei primi giorni si è trasformata in rabbia e l’uccisione di ieri ha alzato ancora i toni, con la protesta che circola su Internet, irridendo la giunta e chiedendo l’intervento internazionale. E chiamando allo sciopero generale.

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