sabato 16 settembre 2017
Ora le autorità di Dacca hanno vietato ogni spostamento dei profughi dalle aree di "accoglienza" loro assegnate. Ulteriore giro di vite
Il campo profughi per i Rohingya di Tangkhali in Bangladesh (Ansa)

Il campo profughi per i Rohingya di Tangkhali in Bangladesh (Ansa)

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Continua l'esodo. I musulmani della minoranza birmana Rohingya stanno finendo per essere presi tra due
fuochi. Da una parte il governo del Myanmar, guidato di fatto dalla premio Nobel per la Pace 1991, Aung Saan Suu Kyi, e dai militari che controllano i dicasteri chiave, che dal 25 agosto hanno dato il via a quella che l'Onu ha definito "una pulizia etnica", in risposta agli attacchi delle milizie islamiche rohingya. Dall'altra il Bangladesh,Paese già di per sé povero, che si trova ad affrontare una "crisi senza precedenti" con l'arrivo di 409.000 profughi. Per questo le autorità di Dacca hanno vietato ogni spostamento dei profughi in fuga dai campi di "accoglienza" e dalle aree loro assegnate.

La decisione è stata presa dopo che decine di profughi Rohingya (musulmani come la maggior parte degli abitanti del Bangladesh e per questo perseguitati dalla maggioranza buddista birmana) sono stati
scoperti in tre città a centinaia di chilometri dal confine con
il Myanmar. "Dovrebbero restare nei campi designati per loro fino a quando non torneranno nel loro Paese" ha dichiarato il portavoce della polizia bengalese, Sahely Ferdous, aggiungendo che ai Rohingya è anche stato chiesto di non andare a vivere nelle case dei bengalesi che conoscono come ai suoi connazionali è stato vietato di affittare le loro case ai “cugini birmani”: i Rohingya "non possono viaggiare da un posto all'altro (in Bangladesh) né su strada, ferrovia o su battelli fluviali".

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