sabato 15 luglio 2017
I funerali del Premio Nobel. Era in carcere dal 2009, a fine maggio gli era stato diagnosticato un tumore, da pochi giorni era stato trasferito in ospedale. Oslo: Pechino responsabile della morte
La sedia vuota alla cerimonia di consegna del Nobel nel 2010 (Ansa)

La sedia vuota alla cerimonia di consegna del Nobel nel 2010 (Ansa)

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È morto in un ospedale cinese l'attivista democratico Liu Xiaobo, Premio Nobel per la pace nel 2010, incarcerato dal regime. Aveva 62 anni. Il 23 maggio scorso gli era stato diagnostico un tumore al fegato in fase terminale. Nelle ultime settimane le sue condizioni si erano aggravate e per questo era stato scarcerato e ricoverato in ospedale a Shenyang, nella provincia settentrionale di Liaoning. Oggi, le ceneri del Nobel per la Pace sono state disperse in mare "secondo una usanza locale comune", ha annunciato un funzionario della municipalità di Shenyang, in una conferenza stampa in streaming alla quale ha partecipato Liu Xiaoguang, fratello maggiore del dissidente morto giovedì per un cancro al fegato. Il funerale e la cremazione di Liu si erano svolte poche ore prima.

È il secondo Nobel per la pace a morire privato della libertà dopo il giornalista tedesco von Ossietzky morto nel 1938 in ospedale mentre era ancora sotto custodia dei nazisti. Anche Aung San Suu Kyi, attivista del Myanmar, ricevette il Nobel in prigionia.

Nella primavera 1989 tornò dall'estero per partecipare alle proteste di piazza Tienanmen. Arrestato, rimase in carcere per 19 mesi. Nel gennaio 1991 fu condannato per «propaganda e istigazione controrivoluzionarie», ma senza finire in carcere. Nell'ottobre del 1996 fu inviato a trascorrere tre anni in un campo di rieducazione a causa delle sue critiche al partito comunista. Nel 2010 era stato insignito del premio Nobel «per la sua lunga e non violenta battaglia per i diritti fondamentali in Cina»: fu rappresentato simbolicamente da una sedia vuota alla cerimonia.


L'omaggio del mondo e le accuse a Pechino

In tutto il mondo si sono levate voci di biasimo nei confronto del trattamento riservato a Liu Xiaobo. Il Comitato per il premio Nobel ha accusato il governo cinese di essere responsabile della sua morte «prematura». «Abbiamo trovato molto sgradevole che non sia stato trasferito in una struttura dove avrebbe potuto ricevere cure mediche adeguate prima di diventare un malato terminale», si legge nella dichiarazione da Oslo. Con un messaggio congiunto dei presidenti di Consiglio e Commissione europei, Donald Tusk e Jean Claude Juncker, hanno fatto appello alle autorità cinesi «affinché permettano alla moglie Liu Xia ed alla sua famiglia di seppellire Liu Xiabo nel luogo e nel modo di loro scelta e permettano loro di piangerlo in pace». Inoltre i vertici dell'Ue chiedono «alle autorità di abolire tutte le misure restrittive sui movimenti e le comunicazioni imposte ai membri della sua famiglia e che consentano alla moglie Liu Xia ed a suo fratello Liu Hui di lasciare la Cina se lo desiderano». Il ministro della Giustizia tedesco, Heiko Maas, ha definito il premio Nobel per la Pace 2010 come «un eroe per la sua resistenza non violenta nella battaglia per la democrazia e i diritti umani». La Germania e gli Usa erano i Paesi che si erano detti pronti ad accogliere e curare Liu quando lo scorso mese venne trasferito dalla prigione ad un ospedale militare. Pure l'Alto commissario Onu per i diritti umani ha reso omaggio a Liu Xiaobo definendolo la «vera incarnazione» dei valori democratici. «Il movimento dei diritti umani in Cina e nel mondo ha perso un campione dei principi, che aveva dedicato la sua vita alla difesa e alla promozione dei diritti umani, in modo pacifico e senza tregua, e che era stato imprigionato per aver difeso le sue idee», ha dichiarato Zeid Raad al Hussein in un comunicato. Il segretario di Stato americano Tillerson ha chiesto «al governo cinese di rilasciare Liu Xia (la moglie del Premio Nobel, ndr) dagli arresti domiciliari e di permetterle di lasciare la Cina, come lei desidera".

«Nobel blasfemo». Pechino protesta con Usa, Germania

Molto dura la replica di Pechino. Il premio Nobel per la pace è stato assegnato a Liu Xiaobo «contro i principi e in modo blasfemo rispetto al premio stesso», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese Geng Shuang sottolineando che Liu era stato condannato a 11 anni di carcere per sovversione. Inoltre la Cina ha presentato protesta formale contro tutti quei Paesi che «hanno espresso commenti inappropriati» sulla vicenda. La misura in particolare è stata presa contro «Stati Uniti, Germania, l'Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati e altri». Il caso di Liu Xia, la moglie del dissidente «sarà trattato in conformità con le leggi cinesi», ha aggiunto Geng Shuang che ha invitato «Paesi terzi a non interferire nelle vicende interne della Cina».

Intanto la censura cinese ha bloccato i contenuti che riguardano la morte del premio Nobel cinese Liu Xiabo, tutte le forme di tributo nei confronti del dissidente e qualsiasi emoticon, come candele o altri simboli, postate sui social per commemorarlo. Facendo una ricerca per le notizie della morte di Liu sul motore di ricerca cinese Baidu non dà alcun risultato e sul social Weibo, l'analogo di Twitter per la Cina, è stato interdetto l'uso delle iniziali «LXB», che indicano il nome del premio Nobel perla pace. Anche gli omaggi più nascosti per Liu su Weibo sono stati rimossi. Un quotidiano del Partito Comunista cinese scrive che Liu Xiaobo era un burattino dell'opinione pubblica occidentale la cui eredità dovrebbe presto dissolversi. In un editoriale intitolato «Liu Xiaobo una vittima portata fuori strada dall'Occidente», il tabloid Global Times dice che il più famoso prigioniero politico della Cina ha vissuto una «vita tragica» perché ha cercato di opporsi alla corrente principale della società cinese con un aiuto esterno.

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