sabato 25 gennaio 2020
Il poeta e attivista cattolico ha camminato per 70 chilometri fino a Città del Messico per portare al governo la voce delle vittime della violenza che attanaglia il Paese
Javier Sicilia durante una precedente marcia per la pace in Messico

Javier Sicilia durante una precedente marcia per la pace in Messico - Ansa

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Javier Sicilia si è rimesso in marcia. Nel senso letterale del termine. Di fronte all’ulteriore incremento della violenza – che, nel 2019, ha ingoiato il numero record di quasi 34.582 vite umane -, il poeta e attivista ha camminato per 70 chilometri, da Cuernavaca a Città del Messico, per portare al governo messicano la voce delle vittime. Ad accompagnarlo centinaia e centinaia di cittadini tra cui il compagno di lotte nonviolente Julián LeBarón, la cui famiglia è stata sterminata a novembre nel Sonora.

Sono trascorsi otto anni da quando l’omicidio del figlio Francisco, aveva spinto il poeta Sicilia a lasciare la penna per “scrivere con i piedi i versi più importanti della sua vita”, aveva detto. Diventando la guida del più importante movimento di resistenza civile contro il bagno di sangue creato dalla strategia di sicurezza dell’allora presidente Felipe Calderón. Le due Carovane per la pace, da lui organizzate, agglutinarono migliaia di persone in tutta la nazione, catapultando il dramma della narco-guerra sulla ribalta globale. Dal 2011, purtroppo, la situazione non è migliorata. Anzi, gli ultimi dodici anni sono stati i più cruenti della storia messicana dalla Rivoluzione. Da qui la scelta del poeta di riprendere il cammino interrotto a causa delle divisioni interne al movimento. “Siamo l’ultima boccata di ossigeno per cercare di fermare l’orrore e evitare che il Paese sprofondi in una barbarie senza ritorno”, ha detto.

L’iniziativa l’ha portato ad entrare in rotta di collisione con il presidente Andrés Manuel López Obrador, duramente criticato da Sicilia negli ultimi mesi. “Appena eletto, López Obrador si era mostrato disponibile ad avviare un percorso condiviso con la società civile. Vittime, organizzazioni sociali ed esperti si sono visti più volte con il gabinetto. L’agenda preparata, però, è stata stralciata senza alcuna spiegazione”, ha sottolineato.

Domani il capo di Stato avrebbe dovuto riceverlo, insieme ad altri rappresentanti della marcia, ma con tutta probabilità alla riunione parteciperà un suo delegato. La sfida di Sicilia, per la sua credibilità e per il suo lungo impegno per i diritti umani, frutto – ha più volte spiegato – della profonda fede cattolica, preoccupa non poco López Obrador. Oltre alla comune appartenenza alla sinistra, i due condividono la necessità di combattere le mafie con una strategia ampia, che implichi la riduzione delle diseguaglianze e l’integrazione sociale dei giovani dei quartieri più poveri, principale bacino di reclutamento dei narcos. Sicilia, però, sostiene che il presidente ha tradito tale prospettiva, espressa in campagna elettorale. Da un lato ha creato un nuovo corpo – la Guardia nacional – in funzione anti-crimine. Dall’altra, la politica di sicurezza del governo s’è dimostrata incerta e traballante.

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