venerdì 18 luglio 2014
Udienza fissata per il 4 agosto. La donna, con marito e figli, è ancora all'ambasciata Usa di Khartum. Forse un tentativo di impedirle l'espatrio.
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Non sono finiti i problemi giudiziari per Meriam, la giovane cristiana sudanese che un tribunale aveva condannato a morte per apostasia, sentenza poi annullata dalla Corte d'Appello. La donna, che in carcere ha partorito la secondogenita Maya, è nuovamente trascinata in tribunale dai parenti. Secondo quando riporta l'agenzia Reuters, che cita il proprio corrispondente a Khartum, i familiari di Meriam Yahya Ibrahim, 27 anni, hanno chiesto a un tribunale che il suo matrimonio con il cristiano Daniel Wani, cittadino americano e del Sud Sudan, venga invalidato per legge. La legislazione sudanese, ispirata alla sharia islamica, vieta infatti a una donna musulmana di sposare un cristiano. Meriam però ha sempre dichiarato di essere stata cresciuta dalla madre nella fede cristiana ortodossa.

Meriam e il marito, che hanno trovato rifugio nell'ambasciata degli Stati Uniti a Khartoum da quando lei è uscita di prigione, è ancora in attesa di poter lasciare il paese con i due figli, Maya e Martin di 2 anni. Pare ci siano ancora problemi con il passaporto della donna. Questa denuncia dei familiari sarebbe un ulteriore tentativo di impedire l'espatrio. Secondo fonti legali citate dalla Reuters, il giudice avrebbe fissato l'udienza per il 4 agosto.Il caso di Meriam, che ha commosso il mondo e mobilitato le diplomazie di diversi paesi, compresa l'Italia, ha visto impegnato in prima linea Avvenire con una campagna di sensibilizzazione attraverso il sito e i social media.

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