giovedì 23 novembre 2017
Il presidente: «È tempo di un nuovo inizio prima che sia troppo tardi». La speranza è che grazie anche a fondi privati si arrivi a mobilitare fino a 44 miliardi
Tajani illustra la strategia dell’Europarlamento per l’Africa: voce unica
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«No a flussi migratori incon-trollati, a migliaia di morti nel deserto o nel mare, ai mercanti di esseri umani», no all’innalzamento di «muri e barriere che non rappresentano soluzioni, come mostra la globalizzazione». Servono invece risorse per «chiudere i corridoi del Mediterraneo centrale, promuovere stabilità e lotta al terrorismo» e una «forte azione» per lo sviluppo africano, perché «è urgente dare risposte» a milioni di giovani, in modo che «possano restare nei loro Paesi e contribuiscano a farli prosperare ». Politici, investitori, economisti, tanti giovani: l’emiciclo di Bruxelles ascolta il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, delineare la nuova «strategia» europea per l’Africa.

L’occasione è una conferenza (“condita” da tre tavole rotonde su sicurezza, immigrazione e investimenti) che anticipa di una settimana il summit Ue-Africa ad Abidjan, in Costa d’Avorio, ovvero il vertice che dovrebbe segnare un nuovo partenariato tra i due organismi. Con una svolta: meno aiuti, più investimenti. «Per molti anni – scandisce Tajani alla presenza di ministri africani, commissari europei e dell’Alta rappresentante per la politica estera dell’Ue, Federica Mogherini – l’Unione non ha guardato all’Africa con l’attenzione dovuta, spesso ci siamo voltati dall’altra parte, incuranti delle emergenze umanitarie, climatiche, di sicurezza e di instabilità che affliggono il continente, senza maturare la consapevolezza del nostro interesse strategico ». Tajani ricorda le tante «buone intenzioni», ma gli «carsi risultati».

Ecco perché «è tempo di un nuovo inizio prima che sia troppo tardi». Entro il 2050, sottolinea ancora il presidente dell’Europarlamento, «la popolazione africana raddoppierà, toccando i 2,5 miliardi di abitanti ». E nonostante molti Paesi africani siano ormai nella top ten mondiale per crescita economica, «instabilità, terrorismo e malgoverno» continuano a bloccare lo sviluppo del Continente. Certo, «il destino dell’Africa è in mano agli africani, ma l’Europa deve fare la propria parte e costruire prospettive di benessere. Serve un segnale inequivocabile per rilanciare il partenariato con voce unica». Tajani cita quindi il Piano per gli investimenti esterni, 3,4 miliardi di euro, la cui chiave di volta è rappresentata dal Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile. La speranza è che grazie a finanziamenti privati si arrivi a mobilitare fino a 44 miliardi di euro, che promuovano uno sviluppo più inclusivo e sostenibile in Africa e nei Paesi del vicinato europeo.

Meno aiuti, insomma, e più investimenti, meno elargizioni a pioggia e più prestiti e strumenti finanziari, nell’ottica di un partenariato nuovo, una «forte diplomazia economica capace di creare un contesto favorevole all’occupazione, da unire ad altri strumenti come l’Erasmus per i giovani africani». Sul «ruolo importante degli investitori privati» si sofferma anche Faustin-Archange Touadéra, presidente della Repubblica Centrafricana, Paese che da anni soffre per pesanti conflitti interni. Più ci saranno investimenti privati più sarà possibile avere investimenti pubblici, perché si rinsalderanno a vicenda e le nostre economie verranno rafforzate. «Noi cerchiamo la pace, ma la pace non può prosperare senza lo sviluppo», sottolinea Touadéra, che cita sicurezza e diritti della persona come pilastri necessari per il futuro africano.

«Serve un miglioramento tangibile delle condizioni di vita » gli fa eco Roger Nkodo Dang, presidente del Parlamento panafricano, che sottolinea l’occasione unica che verrà data dal summit di Abidjan (che avrà come tema “Investire sui giovani”) e la necessità di «attuare un quadro finanziario e giuridico che sostenga il partenariato» Ue-Africa. Per Abdoulaye Diop, ministro degli Esteri del Mali, occorre prestare la massima attenzione «all’economia criminale parallela che prospera in tutta la fascia del Sahel» e che alimenta terrorismo, migrazioni e instabilità. Anche per questo è importare ricostituire il tessuto socioeconomico dei Paesi della regione, «rispondendo alle preoccupazioni dei giovani, all’emarginazione, alle disuguaglianze, ai problemi derivanti dal cambiamento climatico. E poi non bisogna dimenticare le pratiche di tortura in quella trappola per migranti che è la Libia di oggi, pratiche di cui chiediamo urgentemente la fine». Su quest’ultimo aspetto è netta Federica Mogherini, la quale sottolinea come «non possiamo ignorare il trattamento disumano nei confronti di migranti: il summit di Abidjan potrà essere anche l’occasione per un’azione comune sulla situazione dei migranti in Libia».

«Non dimentichiamo peraltro che la maggior parte dei rifugiati africani si sposta all’interno dei confini africani», ricorda l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, che chiede agli Stati membri «risorse adeguate » per il programma di investimenti esterni. E poi chiosa: «Solo 14 chilometri ci dividono dall’Africa», per evidenziare anche quanto vicini siano i destini dei due continenti. «La Cina in Africa pensa solo al business, noi anche nel nostro interesse dobbiamo tenere conto di stabilità e sviluppo», riassume Tajani. Del Continente nero, insomma, l’Europa non può più fare a meno di interessarsi.

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