venerdì 13 gennaio 2023
Nel regno del terrore dopo l'ennesimo golpe. Il vescovo Tiama: «A Douna è vietata la musica, perfino quella delle campane»
Il presidente del governo golpista, il colonnello Assimi Goita

Il presidente del governo golpista, il colonnello Assimi Goita - Ansa

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A dieci anni dall’intervento francese, il Mali resta un Paese instabile. Oltre ai continui scontri tra esercito e jihadisti in varie parti del territorio, in alcune regioni i militanti islamisti cercano di convertire la popolazione. Il presidente del governo golpista, il colonnello Assimi Goita, sembra incapace di gestire la crisi. «Almeno 14 soldati maliani sono stati uccisi questa settimana nella regione centrale di Mopti, riportano fonti indipendenti. L’esercito ha invece detto di aver «neutralizzato trentuno terroristi islamisti». Sono cifre difficili da verificare, gran parte del Paese è ormai sotto influenza di numerosi estremisti armati tra cui il Gruppo per il sostegono all’Islam e ai musulmani (Gsim). Quest’ultimo è responsabile di attacchi contro militari, soldati Onu e civili, oltre ai sequestri di persona diretti agli stranieri e ai residenti maliani accusati di lavorare con le autorità. «La situazione è ancora bloccata», ha affermato all’agenzia “Fides” monsignor Jean Baptiste Tiama, vescovo della cittadina centrale di Mopti. «Continuiamo a pregare per i nostri fratelli mentre speriamo che gli sforzi di mediazione abbiano successo. Il nostro obiettivo – ha continuato il pastore – è di permettere ai fedeli di continuare a vivere in pace nella loro regione».
La comunità cristiana di Douna è minacciata dai jihadisti. Una delle realtà dove numerosi membri della rete di al- Qaeda e del Daesh cercano di mettere radici. «È ormai proibito battere le campane, suonare strumenti musicali e pregare nelle chiese – ha concluso il vescovo con preoccupazione –. Quello che ancora più inquietante è che i jihadisti chiedono ai cristiani di praticare la religione musulmana». L’ondata dell’estremismo islamico si sta espandendo a macchia d’olio, dopo i Paesi del Sahel come Mali, Niger e Burkina, ora anche i Paesi costieri come Togo, Benin e Costa d’Avorio sono nel mirino.

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