giovedì 13 febbraio 2020
Annullate le elezioni del maggio scorso che avevano visto la vittorio del leader uscente Mutharika. La Corte costituzionale: «Prove di risultati alterati»
Una famiglia si sposta in bicicletta nella zona di Blantyre, in Malawi, uno tra i paesi più poveri al mondo

Una famiglia si sposta in bicicletta nella zona di Blantyre, in Malawi, uno tra i paesi più poveri al mondo - Ansa

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Troppa “scolorina” sulle schede elettorali, sbianchettate per essere poi corrette col nome del candidato presidente “corretto”. In Malawi, Paese dell’Africa australe tra i più poveri al mondo, le elezioni presidenziali sono da rifare. A sancirlo è stata la Corte costituzionale del Paese, che ha accusato la Commissione elettorale di cattiva gestione del voto e detto no ad un ricorso presentato dal presidente Peter Mutharika, che si opponeva alla ripetizione delle elezioni. Tra le altre cose, i magistrati hanno anche respinto l'argomentazione della Commissione elettorale secondo cui un'altra elezione sarebbe costosa per il Paese. "La democrazia è costosa. I diritti dei cittadini sono di primaria importanza. Il tribunale non fermerà il perseguimento di elezioni costituzionalmente valide a causa dei costi", ha affermato il giudice Dingiswayo Madise.

Già la settimana scorsa la Corte costituzionale aveva annullato la validità delle elezioni presidenziali tenutesi lo scorso maggio citando irregolarità diffuse, tra cui appunto l'uso "massiccio" di liquido correttivo sui fogli di conteggio. Sia Mutharika, al potere dal 2014, che la Commissione elettorale avevano chiesto la sospensione del provvedimento. Gli alti giudici hanno invece emesso l’ordinanza di tenere nuove elezioni presidenziali entro 150 giorni dal verdetto e di avviare un'indagine sull'operato della stessa Commissione elettorale.

La presidente della Commissione elettorale, Jane Ansah, aveva precedentemente difeso l'uso di schede dai risultati modificati con liquido correttivo. Davanti a una commissione parlamentare speciale, Ansah ha dichiarato che i risultati sui fogli di conteggio non sono stati modificati ma corretti con un fluido e "non ci sono prove per dimostrare che sia stato usato per favorire un candidato", ha aggiunto. La Corte costituzionale ha anche riscontrato che meno di un terzo dei risultati degli oltre 5mila seggi elettorali erano stati certificati dai revisori quando Ansah aveva dichiarato Mutharika vincitore della corsa presidenziale. Un'altra componente della Commissione elettorale, Mary Nkosi, ha ammesso che l’organismo ha gestito male le elezioni, affermando che la presidente Ansah ha autorizzato fogli dai risultati alterati.

Contadini al lavoro nel sud del Malawi: l'85% della popolazione pratica un'agricoltura di sussistenza

Contadini al lavoro nel sud del Malawi: l'85% della popolazione pratica un'agricoltura di sussistenza - Ansa

È la prima volta che in Malawi si annulla un'elezione presidenziale per motivi legali dall'indipendenza del Paese dalla Gran Bretagna nel 1964 e si tratta del secondo voto annullato in Africa, dopo quello presidenziale del Kenya nel 2017. Dagli anni Settanta fino al 1994, anno delle prime elezioni libere, il Malawi è stato governato dal regime di Hastings Kumuzu Banda. Nel 2012, alla morte dell’autocrate Bingu wa Mutharika (fratello dell’attuale presidente uscente), era salita al potere la sua vice, Joyce Banda, che aveva in parte ripristinato i legami internazionali sia con l’Occidente sia con la Cina. Banda, prima donna a diventare capo di Stato in un Paese dell’Africa meridionale, era stata poi battuta da Peter Mutharika nel voto del 2014.

Circa tre quarti della popolazione del Malawi vive oggi con poco più di un dollaro al giorno, mentre l’aspettativa di vita è di circa 55 anni. Le esportazioni riguardano tabacco, tè e zucchero, mentre l’industria locale è quasi inesistente: si stima che l’85 per cento dei 14 milioni di abitanti viva nelle zone rurali, praticando un’agricoltura di sussistenza. La Chiesa locale è da sempre molto attiva nella promozione dei diritti, della democrazia e delle comunicazioni sociali (molto forte in questo senso la presenza dei missionari monfortani nella zona di Balaka). “Viviamo in una vera democrazia o in un sistema che permette a poche persone di esercitare il potere e di godere delle ricchezze del Paese a spese della stragrande maggioranza?”, avevano scritto in una lettera pastorale i vescovi locali nel 2018, a 25 anni dalla reintroduzione del multipartitismo.

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