venerdì 27 settembre 2019
Donne in piazza per denunciare il prelievo, spesso forzato, dei minori dalle loro famiglie per portarli nei campi di addestramento alla guerriglia
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Le madri curde, dopo anni di autocensura e paura scendono in piazza contro il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, per denunciare un aspetto poco noto, ma drammatico, dell’organizzazione terroristica: il prelievo, spesso forzato, dei minori dalle loro famiglie per portarli nei campi di addestramento e farli entrare nelle loro schiere.

Una pratica che va avanti da anni, soprattutto nel sud-est della Turchia (a maggioranza curda), dove i genitori spesso offrono la loro prole al Pkk volontariamente, perché lo considerano un para Stato. Ma ci sono anche nuclei che vorrebbero sottrarsi a questa scelta e non possono farlo per paura di minacce o di ritorsioni da parte di un territorio che è praticamente sotto il controllo dell’organizzazione e dove chi non sta alle regole può perdere il posto di lavoro o subire altri tipi di conseguenze.

La protesta è anche contro l’Hdp, il Partito del popolo democratico, formazione curda presente in Parlamento, accusata più volte di essere connivente con l’organizzazione.

Il movimento delle madri curde è iniziato da Diyarbakir, la “capitale” del Kurdistan turco, spesso teatro di proteste e attentati, qualche giorno fa e sta rapidamente attraendo la solidarietà di altre piattaforme. Molte donne provenienti da 70 diverse organizzazioni non governative hanno organizzato una conferenza stampa per annunciare che sono pronte a manifestare insieme con le madri di Diyarbakir.

«La resistenza delle madri di Diyarbakir e la loro resistenza faranno la Storia – si legge in una dichiarazione congiunta –. Coloro che stanno rischiando di essere isolate politicamente o socialmente, riusciranno a raggiungere i loro obiettivi ed eviteranno altre tragedie».
A Samsun, sul Mar Nero, un gruppo di donne sempre provenienti dalle Ong hanno protestato in segno di vicinanza alle madri curde di Diyarbarkir. Fra queste, c’era anche una madre a cui il Pkk ha sottratto il nipote, morto poi in un attentato contro la polizia turca.

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