martedì 9 marzo 2021
Un giudice della Corte Suprema ripristina i diritti politici dell’ex presidente, aprendogli la strada per il voto del 2022. La decisione, però, dovrà essere confermata dagli altri dieci magistrati.
Lula de Silva

Lula de Silva - Ansa

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Un colpo di spugna che potrebbe terremotare la politica brasiliana. Un giudice della Corte Suprema, Edson Fachin, ha accolto il ricorso dell'ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva e invalidato le sue condanne penali, dichiarando non competente a giudicarlo il tribunale di Curitiba, guidato dall'allora magistrato Sergio Moro. Oltre agli effetti giudiziari, la sentenza - che riguarda tutti e quattro i processi svolti nello Stato del Parana -, ha un'importante conseguenza politica: ripristina i diritti politici dell'ex leader. Il che gli apre la strada per partecipare alle prossime elezioni e “correre” contro Jair Bolsonaro nel 2022. Almeno in teoria. La decisione di Fachin deve essere ancora confermata dalla plenaria della Corte Suprema - formata da undici togati -, in programma nelle prossime settimane o mesi. Nel frattempo, però, Lula 75enne "torna in pista" e, secondo vari analisti, la campagna elettorale è già cominciata, come dimostra la piccata reazione di Bolsonaro. "Fachin è sempre stato vicino al centro-sinistra", ha tuonato.

Il leader del Partito dei lavoratori (Pt) era in testa a tutti i sondaggi quando fu condannato, nel 2018, dalla giustizia federale del Paranà per l’operazione Lava Jato. Una duplice sentenza gli sbarrò la via del Palazzo di Planalto: una a 12 anni per un appartamento - ricevuto in pegno per presunti favori, secondo l'accusa - nella località balneare di Guarujà, sulla costa dello Stato di San Paolo, l'altra a 17 anni per una casa di campagna a San Paolo di Atibaia. A questi, in seguito, si sono sommati altri due dossier relativi a presunte irregolarità nell'Istituto Lula. In seguito ai verdetti del tribunale di Curitiba, Lula ha trascorso 580 giorni in prigione ed è stato rilasciato nel novembre 2019 per questioni procedurali.


Il giudice della Corte non è entrato nel merito delle sentenze emesse dalla magistratura di Curitiba. Semplicemente ne ha contestato la legittimità a decidere: i dibattimenti avrebbero dovuto essere affidati al tribunale di Brasilia. In ogni caso, si inserisce in una progressiva perdita di credibilità dell'operazione Lava Jato e del suo artefice, Moro, a partire dalle rivelazioni di The Intercept nel giugno 2019. Il sito di inchiesta ha pubblicato un intenso scambio di messaggi tra i pm dell'accusa di Lula - e degli altri casi di Lava Jato - e il magistrato giudicante Moro che, nelle conversazioni, dava suggerimenti su come portare avanti le indagini. Fatto che costituirebbe una violazione del codice penale brasiliano, il quale impone una rigorosa separazione tra le parti coinvolte in un procedimento. Moro, da parte sua, ha sempre negato ogni irregolarità ma la diffusione di ulteriori conversazioni dello stesso tenore, nelle ultime settimane, hanno acuito la polemica.

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