sabato 22 agosto 2020
L'annuncio del presidente di Tripoli, Sarraj e del presidente del Parlamento di Tobruk, Saleh. La Farnesina accoglie con favore. Riprende l'esportazione di petrolio
Il presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh (a sinistra), e il presidente del governo libico, Fayez al Sarraj

Il presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh (a sinistra), e il presidente del governo libico, Fayez al Sarraj - combo di foto Ansa

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Governo di accordo nazionale libico (Gna, con sede a Tripoli), presieduto da Fayez al-Sarraj, e il Parlamento libico dell’Est (a Tobruk), guidato da Aguila Saleh, hanno raggiunto un’intesa per un cessate il fuoco immediato, con l’obiettivo di dare inizio ad un «processo elettorale basato sulla Costituzione».
L’annuncio ufficiale ieri, mediante note stampa emesse in simultanea, con la spiegazione dei prossimi passi concordati: il ritorno dei libici alle urne – politiche e presidenziali – nel marzo 2021, «sulla base di un’adeguata piattaforma costituzionale su cui le due parti concordano»; la smilitarizzazione di Sirte e della regione centrale di Jufra, con la prima trasformata in sede ufficiale di un Consiglio presidenziale libico unificato; la stipula di intese tra le forze di polizia delle due parti, proposta da Tobruk. Ma soprattutto, lo sblocco delle esportazioni di idrocarburi. Dalle parole a un primo fatto, nel giro di poche ore: nel pomeriggio di ieri, la Società nazionale petrolifera libica (Noc) ha reso noto «il ripristino dell’esportazione del petrolio» e confermato, come annunciato in precedenza da Tripoli e Tobruk, che «i proventi della vendita di greggio saranno depositati su un conto fino a quando non verrà raggiunto un accordo sulla ridistribuzione», da attuare sulla base di criteri pattuiti alla Conferenza di Berlino. Inoltre, fine ultimo della tregua, si legge nel comunicato tripolino, è imporre «la piena sovranità territoriale in tutta la Libia e la partenza di tutte le forze straniere e mercenarie».

Stessi toni nella nota di Tobruk: «Il cessate il fuoco taglia la strada a ogni ingerenza straniera e si conclude con l’uscita dei mercenari dal Paese e lo smantellamento delle milizie».
Insomma, i libici cercano di riprendere in mano il proprio destino.
È dunque probabile che fra il Gna di Tripoli e i padrini turchi, dopo sei mesi di idillio, sia già finita. E che l’Egitto di Abdel Fattah al-Sisi, sul punto di entrare in armi in Cirenaica pur di difendere i propri interessi dalle ambizioni turche, abbia sacrificato “l’amico” generale Khalifa Haftar, ex uomo forte di Cirenaica, in cambio dell’estromissione di Ankara dalla partita. È di giovedì scorso l’indiscrezione giornalistica – tutta araba – secondo cui Il Cairo avesse ormai ottenuto l’appoggio delle tribù libiche vicine al confine in vista di un intervento militare. Peraltro, nel mese di luglio, il Consiglio supremo delle tribù libiche si era già riunito in un albergo nel cuore della capitale egiziana per ascoltare le proposte dei servizi militari del Cairo. Non stupisce, dunque, in queste ore il commento sibillino e a denti stretti di Ankara, «sempre a favore di una soluzione politica in Libia».
Prudentemente «favorevoli» tutte le maggiori cancellerie occidentali – con Germania e Stati Uniti in testa – visti i precedenti tentativi di pacificazione naufragati. Su Facebook, il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, ha scritto: «L’annuncio del cessate il fuoco in Libia rappresenta un passo importante per il rilancio di un processo politico che favorisca la stabilità del Paese e il benessere della popolazione». Poco prima, la Farnesina dichiarava: «L’Italia, che ha sostenuto in maniera costante e attiva gli sforzi dell’Onu nel quadro del Processo di Berlino assieme ai principali partner Ue, accoglie con grande favore i comunicati emessi dal Consiglio Presidenziale e dalla Camera dei Rappresentanti dello Stato della Libia in merito ad alcuni principi fondanti di un percorso condiviso per superare l’attuale stallo istituzionale nel Paese». Secondo Stephanie Williams, inviata speciale del segretario generale dell’Onu per la Libia, le due dichiarazioni libiche «dimostrano coraggio» e «creano speranza per una soluzione politica di pace alla lunga crisi».
Una nota storica: più volte, in passato, Warfalla, Tuareg, Berberi e svariati clan libici minori hanno saputo superare le proprie divergenze in funzione anti-ottomana ed europea. Potrebbe essere successo ancora una volta.

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