sabato 22 aprile 2017
Dopo l'attentato saltano gli ultimi eventi della campagna elettorale, ma la battaglia è sui media. Il gollista e la leader della destra chiedono di chiudere i confini
Le Pen e Fillon chiedono pugno di ferro. Macron «modera» i toni
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In alto, il mastodontico Arco di Trionfo, abituale cornice delle solenni parate militari del 14 luglio. Ma questa volta, in basso, sugli Champs- Elysées, la confusione e la desolazione di tanti mezzi di polizia di traverso sopraggiunti dopo l’attentato di giovedì sera. La foto di copertina scelta ieri de Le Parisien, il quotidiano più letto nei bistrot della Ville Lumière, ha riassunto in modo crudele la ferita all’orgoglio francese delle ultime ore. L’amarezza è diversamente affiorata in giornata nelle dichiarazioni dei principali candidati all’Eliseo, in vista del primo turno di domani che appare ormai come un condensato di altissima tensione e incertezza. Prima di recarsi al capezzale dei feriti, il presidente socialista François Hollande ha convocato in mattinata un Consiglio di Difesa per scongiurare il rischio di nuovo sangue in coda alla legislatura. Il premier Bernard Cazeneuve ha invece cercato di rassicurare la popolazione, martellando che «nulla intralcerà l’appuntamento democratico». Ma il premier ha pure stigmatizzato «la scelta dell’oltraggio e della divisione» insita nelle presunte strumentalizzazioni alle quali si sarebbero prestati il neogollista François Fillon e l’ultranazionalista Marine Le Pen, i due candidati che da mesi insistono maggiormente nei rispettivi programmi sul nodo della sicurezza.

È andato oltre definendolo un atteggiamento «senza vergogna». Ufficialmente, alla stregua del leader centrista e favorito dei sondaggi Emmanuel Macron, anche Fillon e Le Pen hanno annullato in giornata gli ultimi appuntamenti pubblici previsti della campagna, la cui conclusione ufficiale è scoccata ieri sera. Ma fin dal mattino, la rinuncia è stata accompagnata da lunghe dichiarazioni solenni per sottolineare il momento drammatico e proporsi come il miglior antidoto per far superare al Paese il guado di queste ore. Ricordando la propria esperienza di ex premier dell’era Sarkozy, Fillon ha manifestato la volontà di rinegoziare entro il prossimo novembre gli accordi di Schengen in modo da rafforzare i controlli alle frontiere. «La mia politica estera mirerà alla distruzione del Daesh», ha poi lanciato il leader del centrodestra, promettendo massimo impegno per una coalizione internazionale «da Washington a Mosca».

Nelle stesse ore, il campo neogollista ha accusato la sindaca socialista di Parigi, Anne Hidalgo, di sottovalutare i rischi con un dispositivo di sicurezza insufficiente attorno ai seggi elettorali della capitale. Da parte sua, Le Pen ha sfoderato toni apertamente marziali: «Poiché il Paese è in stato di guerra, la risposta dev’essere globale, totale, cioè quella dell’intero Paese». A partire da quest’analisi, la leader xenofoba ha rivolto un appello «solenne» all’attuale inquilino dell’Eliseo, invocando «subito» tre misure: «L’espulsione immediata degli schedati S stranieri» sorvegliati dall’intelligence, ma anche «procedure accelerate di revoca della nazionalità», così come delle azioni giudiziarie contro gli schedati S francesi, per tradimento verso la patria. Le Pen ne ha approfittato per ricordare le misure previste nel suo programma, come una legge per introdurre ergastoli senza possibili sconti per i terroristi: un pacchetto per ribaltare la «cecità degli ultimi 10 anni». L’ultimo sondaggio dell’istituto Odoxa, realizzato dopo l’attentato, ha confermato ancora in testa l’atipico centrista Macron (24,5%) e la stessa Le Pen (23%), quest’ultima in progressione di un punto, davanti a due inseguitori appaiati al 19%: Fillon e l’anticapitalista Jean-Luc Mélenchon.

Il «tribuno rosso», il più multiculturalista dei pretendenti principali, è stato ieri l’unico dei big a proseguire la campagna, per non lasciarsi sottrarre la parola «dagli assassini». In una dichiarazione diramata sui social network, ha reagito invitando i concorrenti ad «evitare polemiche pesanti e volgari», dato che un aspirante presidente ha innanzitutto «il dovere dell’auto-controllo, di non farsi prendere dal panico». Un invito simile al sangue freddo, ma rivolto abilmente ai francesi, è stato lanciato da un Macron dai toni studiatamente pacati e controllati, come se si esprimesse già fra gli ori dell’Eliseo: «La scelta che dovrete fare domenica prossima dovrà essere una scelta per il futuro. Non cedete alla paura, non cedete alla divisione, non cedete all’intimidazione».

La “bomba” piombata sull’elezione è stata ampiamente commentata anche all’estero, in particolare dal presidente americano Donald Trump: «Un altro attacco terroristico a Parigi. Il popolo francese non sopporterà più a lungo cose del genere. Avrà grosse conseguenze sulle elezioni presidenziali!», ha lanciato su Twitter. Un attacco, ha aggiunto, che «probabilmente aiuterà» Le Pen. Una previsione, quest’ultima, che divide gli esperti, spesso propensi tuttavia a ritenere che il tanto paventato astensionismo potrebbe essere riassorbito in extremis da un sussulto degli elettori finora meno motivati.

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