venerdì 8 maggio 2020
Una vittima al giorno, più di Italia e Spagna insieme. Tutti contro Bolsonaro mentre il Paese rischia di diventare l'epicentro globale della pandemia
Jair Bolsonaro continua a minimizzare

Jair Bolsonaro continua a minimizzare - Ansa

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Il primo caso di coronavirus in Brasile è stato registrato il 26 febbraio. Da allora, ogni giorno, in media, un infermiere – o più spesso un’infermiera dato che le donne rappresentano l’85 per cento del settore – è stato stroncato dalla malattia. Per un totale di 73 vittime: più della somma degli operatori sanitari morti in Italia e Spagna. Negli Usa, sono state 46. A confermare la strage è stato il Consiglio federale dell’infermeria, secondo cui il bilancio potrebbe essere ancora più tragico dato che non include i 16 decessi sospetti. Sovraffollamento delle strutture e mancanza di protezioni sono tra le cause dello stillicidio che sembra destinato a continuare nelle prossime settimane. Con oltre 127mila contagi – la metà del totale latinoamericano – e più di 8.600 morti, il Brasile rischia di diventare l’epicentro mondiale della pandemia, secondo due recenti studi fatti da ricercatori nazionali insieme alle università britanniche Johns Hopkins e Oxford.
Le ricerche hanno evidenziato un aumento progressivo e esponenziale dei decessi, simile a quanto avvenuto negli Stati Uniti. Il forte ritardo nei risultati degli esami – oltre 90mila sono fermi nei laboratori in attesa di essere analizzati – e la fragilità del sistema sanitario pubblico, però, rischiano di rendere la pandemia ancora più letale rispetto al vicino. Nelle ultime 24 ore ci sono stati più di seicento vittime e 10mila nuovi malati. Tra loro, il generale Otavio Rego Barros, portavoce del presidente Jair Bolsonaro che è stato messo in quarantena. Di fronte a uno scenario sempre più fosco, per la prima volta, il neo-ministro della Sanità, Nelson Teich, fedelissimo del leader, ha ammesso che «in alcuni casi, il lockdown potrebbe essere necessario». Bolsonaro, però, sembra di tutt’altro avviso. Ieri, il presidente si è presentato di fronte alla Corte Suprema – rigorosamente senza mascherina – per chiedere la piena ripartenza dell’attività produttiva, bloccata a causa del Covid dai governatori di vari Stati.
A cominciare da quello di San Paolo, João Doria, che si è scagliato di nuovo contro il leader: «Abbiamo due virus da combattere, il coronavirus e Bolsonaro».

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