venerdì 24 maggio 2013
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È più di un’eroina per il popolo britannico. Ingrid Loyau-Kennett, una donna scout, si è messa a parlare con i due terroristi che avevano appena compiuto l’attacco contro un soldato britannico mercoledì a Londra. Il suo coraggio, ha dichiarato ieri mattina il premier David Cameron, «rappresenta la risposta del popolo al terrore. Il suo coraggio rappresenta la speranza». E ha continuato, visibilmente emozionato: «Quando le è stato detto: “Vogliamo cominciare una guerra a Londra”, lei ha risposto: “Siete soli contro molti, perderete”. Così facendo ha parlato per tutti noi». Per cinque lunghissimi minuti Ingrid ha parlato con l’aggressore che ancora aveva in mano un coltello e il machete insanguinato con cui aveva da poco massacrato il soldato britannico. A quest’uomo, la scout ha chiesto perché l’avesse fatto e lui ha risposto così: «L’ho fatto perché era un soldato britannico che aveva ucciso donne musulmane e bambini in Iraq e Afganistan». Madre di due figli, capo scout, 48 anni, la signora Loyau-Kennett, è capitata sul luogo del delitto perché stava rientrando a casa dopo un viaggio in Francia ed aveva preso un autobus, il numero 53, per raggiungere Parliament Square, nel centro di Londra. A un certo punto, racconta la donna, «il bus si è fermato. Si vedeva chiaramente un corpo disteso a terra e del sangue. Tempo fa ho seguito un corso di pronto intervento e sono scesa per vedere se potevo essere d’aiuto. Ho sentito il polso dell’uomo e non aveva battiti. Subito dopo mi si è avvicinato un nero con un cappello scuro, una pistola in una mano e un machete nell’altra. Era sovraeccitato ma non era drogato o ubriaco. Era estremamente lucido quando mi ha detto di non avvicinarmi al corpo». La donna è rimasta immobile: «Non so dove ho trovato il coraggio di non farmi prendere dal panico». Era evidente, prosegue Ingrid, che l’uomo non aveva paura della polizia, tantomeno di essere catturato: «Gli ho chiesto cosa intendesse fare perché la polizia sarebbe certamente arrivata presto. E lui mi ha detto che era una guerra e che se la polizia fosse arrivata, avrebbe ucciso gli agenti. Gli ho detto che avrebbe perso perché noi siamo in tanti ma ha fatto finta di non sentirmi». A quel punto l’uomo si è allontanato e Ingrid ha cominciato a parlare con il secondo aggressore. «Era più calmo. Gli ho chiesto di consegnarmi le armi ma si è rifiutato. Pensavo che fosse meglio le puntasse a me che ad altri in un momento in cui stavano per uscire i bambini da scuola. Gli ho chiesto se intendeva continuare il massacro e lui ha detto di no. A quel punto è tornato l’altro uomo». Quando è arrivata la polizia la gente intorno a noi era ormai tanta. «I due aggressori sono corsi verso l’auto e ho potuto vedere chiaramente quando gli agenti li hanno colpiti alle gambe». Ancora, ha concluso la donna, «non mi rendo bene conto di quello che mi è accaduto ma sono convinta che presto lo choc mi colpirà».
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