mercoledì 22 gennaio 2020
Secondo il World Social Report 2020, dal 1990 a oggi il divario tra i ricchi e i poveri è raddoppiato
Una famiglia di rifugiati palestinesi si scalda al fuoco nel campo profughi di Khan Younis, nella Striscia di Gaza, in un'area molto povera nota come Nahr Al-Barid

Una famiglia di rifugiati palestinesi si scalda al fuoco nel campo profughi di Khan Younis, nella Striscia di Gaza, in un'area molto povera nota come Nahr Al-Barid - Ansa

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La disuguaglianza è salita a livelli record in tutto il mondo e dal 1990 a oggi il divario tra i ricchi e i poveri è praticamente raddoppiato. È quanto emerge dal “World Social Report 2020” dell'Onu, secondo il quale la diseguaglianza globale aumenterà ancora, specie se non si riuscirà ad arginare i fattori che più stanno influenzando la fase attuale e cioè l'innovazione tecnologica, i cambiamenti climatici, l'urbanizzazione e le migrazioni internazionali. In trent'anni, quindi, la differenza tra i redditi pro capite medi dei Paesi più avanzati e di quelli meno sviluppati è aumentata del 100%.

"Il World Social Report 2020 lancia un messaggio chiaro - sottolinea il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres - il corso futuro di queste sfide complesse non è irreversibile. Il cambiamento tecnologico, la migrazione, l'urbanizzazione e persino la crisi climatica possono essere sfruttate per creare un mondo più equo e più sostenibile, oppure possono dividerci ulteriormente".

Nel rapporto dell'Onu si legge che più di due terzi della popolazione mondiale vive oggi in Paesi in cui la disuguaglianza è cresciuta dal 1990, tra cui la maggior parte dei Paesi ad alto reddito (Italia inclusa), la Cina, l'India e, a partire dal 2010, anche il Brasile, il Messico e l'Argentina. Nel 2015, si legge ancora, l'1% della popolazione di 18 Paesi, tra cui Stati Uniti, Russia, India e Brasile, detiene oltre il 20% della ricchezza mondiale e, senza rapidi progressi nella riduzione di diseguaglianze basate su genere, razze, etnie, disabilità e status migratorio e socioeconomico, l'obiettivo di "non lasciare indietro nessuno" diventerà ancora più difficile da realizzare nel 2030. La copertura di almeno un regime di protezione sociale varia dal 90% della popolazione europea a meno del 15% in Africa.

La percentuale dei dipendenti membri del sindacato è diminuita tra il 2004 e il 2016 in almeno 60 Paesi su un totale di 88 Paesi. Nei Paesi Osce più sviluppati le aliquote fiscali più elevate sono scese dal 66% del 1981 al 43% del 2016. Secondo il rapporto, inoltre, nei Paesi in via di sviluppo i bambini delle famiglie più povere e quelli dei gruppi etnici più svantaggiati, pur registrando miglioramenti dal 1990 a livello di cure mediche, educazione e diritti etnici, stanno già sperimentando disuguaglianze a livello di frequenza nelle scuole secondarie e dal 2030 vedranno un rallentamento generale dei progressi, poiché gli svantaggi nella salute e nell'istruzione si trasmettono da una generazione all’altra.

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