mercoledì 27 luglio 2022
Si è piazzato con un telefonino davanti a un condominio sotto attacco e ha girato un video: 5 minuti che hanno ottenuto 5 milioni di like. In 370 dall'Ossezia hanno rinunciato a combattere
Un fotogramma del video di Kazbek Tedeev, originario dell’Ossezia del Nord e dal 2014  trasferito a Kiev. È diventato  una star del Web per un filmato in cui chiede ai giovani soldati russi di non andare a combattere in Ucraina

Un fotogramma del video di Kazbek Tedeev, originario dell’Ossezia del Nord e dal 2014 trasferito a Kiev. È diventato una star del Web per un filmato in cui chiede ai giovani soldati russi di non andare a combattere in Ucraina - Facebook

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Per i russi, è un traditore. Per gli ucraini, un eroe che combatte l’invasore. A suo modo, certo: con un cellulare e un video fai-da-te che si è trasformato nell’ennesimo terreno di battaglia fra i due Paesi. «Non sono né l’uno, né l’altro. Ho soltanto voluto raccontare alla mia gente che cosa succede davvero in Ucraina e come la propaganda del Cremlino stia ingannando decine di milioni di persone», racconta Kazbek Tedeev ad Avvenire.

Con il volto da lottatore, la tuta mimetica e un tono garibaldino, è diventato un’“icona di guerra” nel pianeta digitale. Osannato a Kiev dove vive sotto protezione; bersagliato di insulti in tutto il Paese guidato da Putin. Perché Tedeev è russo. O meglio, dell’Ossezia del Nord. Terra di tensioni in cui lui era un investigatore e dove resta la famiglia. «Nella Federazione russa ci chiamano “quelli con la pelle scura” perché siamo caucasici», spiega il 42enne laureato in giurisprudenza che ha anche una sorella a Benevento. Lascia la regione d’origine nel 2008 quando si trasferisce in Crimea dove assume l’incarico di assistente del pubblico ministero. E, dopo l’annessione datata 2014, arriva a Kiev in cui continua a lavorare nella procura dell’oblast. «Sono russo. Parlo russo. E non ho mai subìto discriminazioni o ritorsioni in Ucraina – dice –. Per questo non ho potuto sopportare la campagna mistificatoria voluta da Putin che descrive la nazione in cui vivo come un Paese “nazista” che calpesta i russi».

Quando, a fine marzo, un’anziana amica viene uccisa da una bomba lanciata dall’esercito occupante sul palazzo in cui la donna risiedeva («È morta perché non ha fatto in tempo a scendere nei sotterranei»), Tedeev imbraccia l’unica arma che in quel momento ha a disposizione: un telefonino. Si piazza davanti al condominio attaccato e gira di getto un filmato indirizzato ai suoi connazionali per «dire loro quante falsità sono costretti a sentire», spiega adesso. «La Russia vi martella sul fatto che l’Ucraina è un nemico», urla nel video. E ancora: «Qui non ho mai avuto nessun problema anche se vengo dall’Ossezia. E posso dire quello che voglio: non come succede da voi». E poi: «State radendo al suolo ospedali, scuole o case. Lo vedere anche alle mie spalle. Uccidete civili e gente pacifica con un’azione che è stata paragonata alla lotta al fascismo durante la grande guerra patriottica» (definizione russo-sovietica della seconda guerra mondiale). E infine: «L’Ucraina non ha necessità di essere liberata da alcun che. Lasciatela in pace».


Cinque minuti postati in Rete che in poche settimane diventano virali fino a raggiungere cinque milioni di visualizzazioni e che scatenano un terremoto. Anche perché Kazbek Tedeev è figlio del famoso campione sovietico di wrestling Yelkan Tedeev e parente dell’attuale ministro del demanio dell’Ossezia, Ruslan Tedeev. «Tre giorni dopo aver messo online il filmato – continua Kazbek – mi è arrivato un messaggio dalla mia terra in cui mi veniva riferito che in 370 avevano appena rinunciato al servizio militare e quindi a prendere parte alla guerra». Una sorta di diserzione – secondo il racconto dell’influencer – che ha come sfondo quelle periferie della Federazione russa scelte per le operazioni di arruolamento con cui rafforzare l’esercito di Mosca.

«La gente in Ossezia sa chi sono – prosegue Tedeev –. Non solo perché avevo un impiego istituzionale, ma per la storia della mia famiglia. Mio padre Yelkan è stato medaglia d’argento ai Mondiali del 1967 e tre volte campione dell’Urss; mia mamma è un onorato dottore. Quindi il fatto che una persona con una tale reputazione si sia rivolta ai suoi compatrioti per esortarli a non combattere in Ucraina e a non uccidere ha attirato l’attenzione. Anche del Servizio di sicurezza federale». La madre viene visitata a Vladikavkaz dagli 007 del Cremlino. «Si sono presentati come agenti dell’intelligence e le hanno detto: “Potresti non rivedere tuo figlio...”», confida lui.

Il russo Kazbek Tedeev a Kiev dove si è trasferito dal 2014

Il russo Kazbek Tedeev a Kiev dove si è trasferito dal 2014 - Gambassi

Sui siti russi scatta la macchina del fango: in più pagine viene definito un inadeguato, «che non ha mai concluso un’indagine», dedito a «bere» e con «una vita da parassita». E il parente ministro gli invia un videomessaggio diffuso sui media locali: «Kazbek, pensa a quello che stai facendo. Guarda tua madre, guarda i tuoi fratelli. Siamo sicuri che quanto hai detto è dovuto alla pressione delle persone che ti sono accanto. Vogliamo credere che le parole contenute nel filmano non siano tue». Poi l’avvertimento: «Dimmi, figlio del popolo osseto, a chi vuoi lasciare la tomba di tuo padre?». «Che vergogna tirare in ballo mio papà – ribatte l’assistente del procuratore di Kiev –. Ma sa che cosa è successo dopo qualche ora? In cinquanta mi hanno contattato per assicurarmi che avrebbero pensato loro alla tomba». Una pausa. «È vero che in Rete ho ricevuto attacchi, oltraggi, persino minacce di morte. Ma in privato ho avuto tantissimi attestati di solidarietà. “Grazie per averci aperto gli occhi”, è stata una delle frasi più ricorrenti. Ma anche: “Siamo con te. Però non possiamo sostenerti apertamente perché qui in Russia potrebbe accaderci qualcosa di terribile”».

E con la mente Kazbek va ai soldati del Caucaso che sono al fronte. «Il loro “amato Paese” li manda a morire: fratelli che uccidono fratelli, in questo caso ucraini. E non è un caso che molti osseti mi abbiano spedito foto dei familiari deceduti durante gli scontri e mi chiedano, senza lamentele, di aiutarli a recuperare i corpi. Anche perché in Russia se non c’è la salma, non hai diritto neppure alla pensione di reversibilità».

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