giovedì 19 settembre 2019
Dovrà scegliere a chi dare l’incarico. Netanyahu: «Mai un esecutivo con gli anti-sionisti». Il centrista Gantz punta a un governo di unità, proposto da Lieberman, o a una coalizione con gli arabi
Gantz e Netanyahu (combo di foto Ansa)

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Tra i due litiganti, Lieberman vince. I risultati del voto di martedì parlano abbastanza chiaro: il premier Benjamin Netanyahu e lo sfidante Benny Gantz sono sostanzialmente alla pari: 31 seggi il primo, 32 seggi il secondo; nessuno dei due riesce ad ottenere i 61 deputati (sui 120 della Knesset) necessari per formare un governo di maggioranza. Bibi con il suo Likud potrebbe arrivare a 55 tirando dentro i due partiti ultraortodossi; Benny con Blu Bianco a 56, comprendendo gli arabi. L’ago della bilancia, come abbondantemente previsto, è, di nuovo, Avigdor Lieberman, che però non vuole consegnare i 9 seggi del suo Israel Beitenu né a una coalizione che comprenda gli ortodossi né a una coalizione allargata agli arabi. Quindi?

Quindi l’unica soluzione per uscire dallo stallo sarebbe quella di un governo di unità nazionale. Esattamente la proposta formulata da Lieberman ieri: Israele Beitenu, Blu Bianco e Likud, insieme, potrebbero costituire un esecutivo sufficientemente stabile da superare l’insidioso pantano in cui da cinque mesi si dibatte Israele. La prospettiva piace al presidente Reuven Rivlin, che peraltro già la incoraggiava dopo il risultato (sostanzialmente identico) di aprile. Piace a Gantz, che l’altra notte l’ha prefigurata con limpidezza ai suoi elettori in festa nella sede di Blu Bianco a Tel Aviv. Ma non piace per niente a Netanyahu, che sembra per nulla intenzionato a concedere spazi di condivisione. Anche perché limiterebbero le sue possibilità di manovra nel cercare percorsi legislativi che lo tutelino dai processi in arrivo.

«Ci sono solo due opzioni – ha detto ieri il premier parlando ai suoi del Likud riuniti a Gerusalemme – : un governo guidato da me o un governo pericoloso insieme ai partiti arabi anti-sionisti. E faremo il possibile per impedire che sia varato un governo del genere». Il riferimento è ovviamente all’ipotetica coalizione di Gantz. Il capo di Blu Bianco ha già preso contatti con il leader della Lista Unita araba, Ayman Odeh, vera sorpresa dal voto, con i 13 seggi guadagnati grazie a un’affluenza mai registrata (gli arabi tendevano a disertare le urne): il 60% degli aventi diritto. Odeh non ha escluso di poter aderire al progetto dell’ex capo di Stato maggiore. Ma Gantz, per formare una coalizione, dovrebbe comunque mettersi alla ricerca di altri deputati. Va anche detto che se non si ritroverà al governo, la Lista Unita araba potrebbe finire per essere il partito-leader dell’opposizione, guadagnando importanti prerogative previste per legge, tra cui l’accesso ad alcuni dossier dei servizi di sicurezza interni. È un fatto, comunque, che la comunità araba ha acquisito peso specifico, e che quindi reclamerà maggiore ascolto. Lo stesso vale per i due partiti ultraortodossi, Shas (sefardita) e Unione della Torah (ashkenazita), che si sono confermati con 9 e 8 seggi.

Netanyahu ha sempre dimostrato di sapersi riprendere dalle difficoltà, ma questa volta è davvero dura. Visto lo stallo, il premier ha già dovuto cancellare la sua prevista partecipazione ai lavori dell’Assemblea generale dell’Onu della prossima settimana. Tutto passa ora nelle mani del presidente Rivlin, determinato ad evitare che si tengano le terze elezioni anticipate – possibilità da contemplare in caso falliscano le altre mosse – , privilegiando piuttosto dei colloqui fra i partiti per arrivare a un compromesso. Ma quale?

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