giovedì 21 novembre 2019
La decisione presa dal procuratore generale Avichai Mandelblit, che contesta al premier anche i reati di frode e abuso di ufficio
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu (Ansa)

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Il premier uscente Benjamin Netanyahu è stato incriminato dal procuratore generale Avichai Mandelblit per frode, corruzione e abuso di ufficio. Un «tentativo di colpo di Stato» basato su «accuse politicamente motivate», il commento di Netanyahu.

In base alle leggi israeliane la decisione non comporta l’uscita di scena del premier, che potrebbe, seppur in una condizione di grande fragilità, continuare a guidare il governo. Il problema è che non c’è un governo da governare. Nonostante la forte pressione esercitata nei mesi scorsi dal presidente Reuven Rivlin affinché si arrivasse alla formazione di un esecutivo di unità nazionale, nessuno dei due leader coinvolti in questo delicato processo di negoziazione – Netanyahu, leader del partito di destra Likud, e Benny Gantz, che guida il partito centrista Blu Bianco – è riuscito a trovare una soluzione di compromesso.

Netanyahu ha fallito lo scorso 21 ottobre, quando Gantz – che ha ottenuto il maggior numero di voti durante le elezioni dello scorso 17 settembre, e che aveva tempo fino alla mezzanotte di mercoledì per formare un governo – ha dovuto rimettere il mandato, spiegando che «Netanyahu ha condotto una campagna di odio e incitamento, con lo scopo di attaccarsi a un governo di transizione contro la volontà degli elettori».

Dopo essersi passati la patata bollente per gli ultimi due mesi, i “due premier” hanno infine consegnato il Paese alla Knesset, che per la prima volta nella storia di Israele, avrà ora il compito di tentare di costituire un nuovo esecutivo. I deputati avranno 21 giorni per mettere assieme una maggioranza di 61 seggi (sui 120 della Knesset), scegliere un premier e affidargli l’incarico. In teoria la palla potrebbe passare di nuovo a Gantz o Netanyahu. Ma su ogni scenario pesa come un macigno la decisione del procuratore Mandelblit. Resta da vedere come si muoverà Gantz in uno scenario del genere. Nei mesi scorsi si è parlato spesso della possibilità, per l’ex Capo di Stato Maggiore, di portare dalla sua alcuni membri del Likud “orfano” di Bibi. Ma Mr. Security ha sempre dimostrato di saper spremere il proprio partito con mano ferma.

La partita è apertissima. Anche se una delle ipotesi più plausibili è quella di tornare al voto, presumibilmente a febbraio. «Sono giorni di oscurità senza precedenti», ha dichiarato ieri Rivlin. «Nei prossimi 21 giorni ogni parlamentare dovrà interrogare la propria coscienza e chiedersi: quale è il mio dovere per lo Stato di Israele?».

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