venerdì 31 gennaio 2020
Nella piccola città di Khomein c'è lo stabilimento che produce le bandiere che si bruciano nelle manifestazioni di protesta in tutto l'Iran. Nei periodi migliori, anche 2mila al mese
La bandiera americana bruciata in una manifestazione in Iran

La bandiera americana bruciata in una manifestazione in Iran - Archivio Ansa

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Il sentimento anti-americano è sempre stato, per i radicali iraniani, al centro della rivoluzione islamica, con i leader di Teheran che continuano a descrivere gli Stati Uniti come il Grande Satana e Israele come il Piccolo Satana. Ragion per cui bruciare bandiere statunitensi e israeliane è quasi un rituale consueto ai raduni sponsorizzati dal regime.

Ma in una nazione soggetta a sanzioni statunitensi e che vieta ogni contatto con Israele, reperire delle bandiere di questi Paesi è un problema. Soluzione? Una modesta fabbrica nella città di Khomein, a sudovest di Teheran in cui produrre bandiere da bruciare nelle proteste. “Non abbiamo alcun problema con il popolo americano e britannico”, ha dichiarato Ghasem Ghanjani, proprietario della fabbrica, all’agenzia Reuters che ha visitato la fabbrica. “Abbiamo problemi con i loro governatori. Abbiamo un problema con i loro presidenti, con la loro politica sbagliata”.

In certi periodi, la fabbrica fa ottimi affari, e arriva a produrre circa 2.000 bandiere al mese. Sono più di 1,4 metri quadrati di tessuto rosso, bianco e blu da bruciare all’anno, secondo il servizio, pubblicato ieri sullo Washington Post. L’uccisione, all’inizio dell’anno, del generale iraniano Qassem Soleimani, capo della Forza Quds, ha scatenato una nuova ondata di proteste anti-americane in tutto l’Iran, con i manifestanti che hanno bruciato bandiere statunitensi e israeliane in diverse città.

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