mercoledì 12 maggio 2021
Heiko Maas: dalla Conferenza sul futuro dell’Unione venga una spinta all’azione esterna comune. Più forza all’Alto Rappresentante e decisioni a maggioranza
Heiko Maas, ministro degli Esteri della Germania

Heiko Maas, ministro degli Esteri della Germania - Ansa / Epa

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«L’idea su cui si fonda l’Unione Europea è più attuale che mai: gli Stati membri delegano una parte delle loro competenze nazionali per essere congiuntamente più forti e più sovrani. Spero che la Conferenza sul futuro dell’Europa appena avviata domenica dia una spinta alla nostra azione esterna comune, rafforzando l’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e facendo ricorso alle decisioni a maggioranza, come si fa già da tempo in altri settori. Il vecchio detto secondo cui l’Europa non ha un numero di telefono non deve più valere in futuro».

La vecchia critica all’allora Comunità europea, incapace di parlare con una voce sola, attribuita a Henry Kissinger resta spesso valida. Parte per questo da qui il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Josef Maas, per esprimere la sua convinta fiducia nel futuro dell’Unione – in un colloquio con Avvenire a margine della sua visita in Italia, durante la quale ha avuto colloqui con il suo omologo Luigi Di Maio ed è stato ricevuto in udienza privata dal Papa.

«L’Europa non deve segnare il passo, come ha dimostrato non da ultimo la crisi del Covid-19. I pesi geostrategici globali si stanno spostando con estrema rapidità, allontanandosi dall’Europa e andando verso l’Indo-Pacifico. A livello mondiale, i valori della libertà, dello Stato di diritto e della democrazia sono sotto pressione. Se, in questo contesto mutevole, vogliamo affermarci come europee ed europei e continuare ad autodeterminare il nostro destino, abbiamo bisogno di un’Unione Europea compatta all’interno e capace di agire all’esterno».


«Il Continente non deve segnare il passo, come ha dimostrato non da ultimo la crisi del Covid-19. Siamo la farmacia del mondo per i vaccini: la metà dei 400 milioni di dosi che abbiamo prodotto
è stata esportata»

Il Covid-19 ha influenzato fortemente le scelte politiche degli Stati e dell’Unione europea. Le decisioni sui vaccini sono le più delicate e quelle su cui vi è più attenzione dell’opinione pubblica. Pensa che il dovere di solidarietà globale dell’Europa si possa declinare nella forma di una rinuncia ai brevetti per andare incontro alle esigenze dei Paesi con meno risorse, come chiede il Papa e ha proposto il presidente Usa, Biden? Oppure la Germania vede altre soluzioni, come sembra essere emerso dal vertice di Porto?

Noi attualmente, siamo come Unione europea la farmacia del mondo per quanto riguarda i vaccini: la metà dei 400 milioni di dosi che abbiamo prodotto nell’Unione europea è stata esportata. Inoltre, stiamo già lavorando a livello pratico per avviare la produzione di vaccini nel sud del mondo. Siamo aperti a tutte le soluzioni utili in questo senso. Tuttavia, dubito che la soluzione più rapida sia rinunciare alla protezione dei brevetti: le attuali carenze sono dovute piuttosto alla mancanza di capacità produttive e a lacune nelle catene di fornitura. Alcuni Paesi hanno, inoltre, imposto restrizioni alle esportazioni di importanti precursori dei vaccini. Per noi è assolutamente chiaro che la cooperazione internazionale è il modo migliore per lottare contro la pandemia. Per questo motivo la Germania s’impegna con oltre 2 miliardi di euro come secondo maggiore donatore per la piattaforma vaccinale Covax, che ha già fornito vaccini a più di 120 Stati.

Il residente americano Biden ha deciso di mantenere truppe americane in Germania, la questione Ucraina resta dolorosamente aperta, così come i timori di Polonia e dei Paesi Baltici per un’ulteriore escalation del confronto tra Russia ed Europa. Alcuni sostengono che la Germania non abbia avuto atteggiamento coerente e sufficientemente severo nei confronti di Vladimir Putin. Come giudica lo scenario a Est della Germania e dell’Europa? Come pensa possa evolvere la politica tedesca su questo fronte?

Attualmente, il rapporto tra l’Unione Europea e la Russia è ai minimi livelli. Ciò è dovuto soprattutto al fatto che la Russia assume un atteggiamento sempre più conflittuale. Ne fanno parte anche violazioni del diritto internazionale che noi, in quanto Unione europea, non possiamo lasciare senza risposta. La Russia non ha fatto nulla per chiarire l’attentato con armi chimiche contro Navalny, che è stato addirittura condannato, pur essendo la vittima, alla reclusione in una colonia penale. Come Unione europea abbiamo pertanto adottato misure mirate e giuridicamente verificabili contro i responsabili di queste gravi violazioni dei diritti dell’uomo. Per contro, la Russia ha imposto incomprensibili divieti d’ingresso a funzionari dell’UE e ha stilato un elenco assolutamente arbitrario di cosiddetti "Paesi non amici".
Non permetteremo che la Russia continui a violare gli impegni internazionali e cerchi di spaccare l’Unione europea secondo il motto "divide et impera". Siamo solidali con i nostri partner dell’Europa centrale e orientale. Nella Ue e nella Nato non ci saranno zone di sicurezza diversa. Insieme alla Francia, ci impegniamo per risolvere il conflitto nell’Ucraina orientale e mediamo tra Russia e Ucraina. Mosca deve quindi cogliere la prossima opportunità di dialogo, invece di procedere, come per riflesso, verso un’escalation, che conduce le nostre relazioni sempre più in un vicolo cieco. L’Unione europea è disposta a farlo, ma il cambiamento di rotta deve ora arrivare da Mosca.

Le nuove rotte, l’arrivo dell’estate e la fine dell’isolamento sanitario porteranno a un incremento degli arrivi di profughi e migranti in Europa. La Germania, come tanti altri Paesi, ha ridotto le quote di accoglienza dei profughi. Come riuscire ad avere un coordinamento europeo su un tema chiave che è sia umanitario sia politico (considerato che viene sfruttato dai populisti)?

Sappiamo tutti che in Europa abbiamo urgente bisogno di una politica comune unitaria in materia di migrazione, soprattutto per rispondere alle nostre finalità umanitarie come Unione europea. Ma anche per ripartire equamente gli oneri all’interno della Ue. Purtroppo, però, ci siamo anche resi conto che questa è una questione in cui l’Unione europea ha difficoltà a trovare una risposta comune. Durante la Presidenza tedesca del Consiglio dell’Unione europea ci siamo adoperati intensamente per la riforma del Sistema europeo comune di asilo. Qui dobbiamo fare ulteriori progressi. E a tal fine è necessaria la disponibilità al compromesso di tutte le parti. Non possiamo più permetterci una situazione stallo. Naturalmente è importante tenere conto anche della dimensione esterna della migrazione. Dobbiamo quindi intensificare anche la cooperazione con i Paesi di origine e di transito e con i Paesi di accoglienza.

A intervalli regolari si parla di un’intesa privilegiata fra Germania e Francia a scapito dell’Italia in ambito europeo. Come valuta le attuali relazioni fra Berlino e Roma? Vede spazi per cooperazioni rafforzate fra alcuni Paesi europei per fare avanzare più speditamente l’integrazione europea?

La Germania e l’Italia sono strettamente interconnesse dal punto di vista economico e culturale, ma anche in materia di politica estera e di sicurezza esiste una cooperazione molto intensa, ad esempio nel processo di Berlino volto a stabilizzare la situazione in Libia, in merito al quale sono in costante contatto con Luigi Di Maio. Insieme alla Francia, come grandi Stati membri e Paesi fondatori, abbiamo una responsabilità particolare verso il progetto europeo. Giova all’Europa se Roma, Parigi e Berlino parlano con una sola voce. E sono convinto che nell’attuale crisi vi siamo riusciti molto meglio che, ad esempio, nella crisi finanziaria e nella crisi dell’euro. All’inizio della pandemia, abbiamo portato a casa, in uno sforzo comune, gli europei bloccati all’estero. Ci siamo aiutati a vicenda per curare i pazienti di Covid-19 nelle terapie intensive, nella prima ondata la Germania ha accolto anche decine di pazienti italiani. Assieme abbiamo acquistato e distribuito in modo equo i vaccini, affinché ora ogni cittadino europeo abbia la possibilità di vaccinarsi. E abbiamo creato insieme il Fondo per la ricostruzione "Next Generation EU", che ci aiuterà a uscire economicamente dalla crisi. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza una stretta intesa tra Roma, Parigi e Berlino.

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