giovedì 1 ottobre 2020
Nell'Uttar Pradesh una 22enne appartenente ai Dalit, i fuori casta, è stata stuprata da due uomini e poi lasciata morire
Continuano le proteste di attivisti nel Paese in reazione ai nuovi casi di stupro e omicidio

Continuano le proteste di attivisti nel Paese in reazione ai nuovi casi di stupro e omicidio - Reuters

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La morte di una seconda vittima di stupro in Uttar Pradesh, a nord-est di Dehli, ha fatto salire alle stelle la tensione in India. Proteste e manifestazioni di femministe, studenti e attivisti che chiedono di far cessare la violenza assassina contro le donne si sono svolte oggi in tutto il Paese. La nuova vittima, una ventiduenne - anche lei appartenente ai Dalit, i fuori casta - sarebbe stata rapita, violentata e lasciata agonizzante qualche giorno fa a Balrampur. È morta durante il trasporto in ospedale. Anche il precedente caso di stupro, seguito dalla morte della vittima, era avvenuto in Uttar Pradesh, nel villaggio di Hathras, a 500 chilometri da Bairampur.

La polizia dell'Uttar Pradesh afferma di avere già arrestato due indiziati. Per loro l'accusa è di stupro collettivo e omicidio e potrebbero essere processati in tempi rapidi da un tribunale speciale. Quest'anno sono state eseguite, per impiccagione, le condanne a morte di quattro uomini colpevoli dello stupro di gruppo e dell'uccisione di una studentessa su un autobus a Delhi nel 2012: un caso che portò sotto i riflettori internazionali il problema delle violenze sessuali nel Paese.

Le forze dell'ordine hanno fermato Rahul e Priyanka Gandhi, i due leader del partito di opposizione Congresso nazionale indiano, per avere violato il divieto di assembramenti. La polizia ha bloccato il loro convoglio su un'autostrada diretta al villaggio di Hathras, dove i fratelli Gandhi avevano in programma di incontrare la famiglia della prima vittima. I due sono scesi dalla macchina e hanno provato a proseguire a piedi, ma sono stati nuovamente bloccati dagli agenti.

Per mantenere l'ordine pubblico le autorità del distretto hanno proibito ogni forma di manifestazione e chiuso i confini. Numerosi attivisti che cercavano di violare i blocchi sono stati picchiati dagli agenti. La NHRC, la Commissione Nazionale indiana per i diritti umani, ha chiesto al governo dell'Uttar Pradesh di riferire su quanto accaduto.

L'Uttar Pradesh è lo stato più popoloso dell'India e quello che registra il più alto tasso di criminalità e di violenze contro le donne: il governatore è Yogi Adityanath, monaco indù e potente politico, molto vicino al premier nazionalista Narendra Modi.

Amnesty International sospende le sue attività in India

A certificare il clima di tensione che si respira nel Paese c'è anche la decisione di Amnesty International di sospendere tutte le sue attività in India, dopo aver denunciato “continue repressioni” e “intimidazioni” da parte del governo di Narendra Modi. L'ong ha riferito che i conti bancari della sua sezione indiana sono stati bloccati il 10 settembre per presunti illeciti finanziari.

Secondo Amnesty si tratterebbe di una sorta di "vendetta" del governo dopo la pubblicazione di un report sulle violenze compiute a febbraio dalla polizia di New Delhi, durante gli scontri fra musulmani e indù, che avevano provocato almeno 50 morti. Amnesty ha denunciato che la persecuzione del governo sarebbe iniziata il 25 ottobre 2018, quando alcuni funzionari dell’agenzia delle Entrate avevano fatto irruzione nella sede centrale dell’organizzazione alla ricerca di documentazione contabile che era disponibile pubblicamente o era stata già trasmessa alle autorità. Durante l’operazione erano stati coinvolti anche diversi donatori di Amnesty International India che, dopo aver ricevuto lettere di richiesta di informazioni, avevano cessato di finanziare l’associazione.

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