sabato 24 settembre 2022
A Kharkiv gli esponenti della Chiesa locale sono finiti nel mirino. Così diventano casi politici le scelte, come quelle del metropolita di Izyum, di schierarsi dalla parte degli occupanti
In Ucraina una liturgia in una chiesa legata al patriarcato di Mosca

In Ucraina una liturgia in una chiesa legata al patriarcato di Mosca - Ansa

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Ha fatto perdere le sue tracce il metropolita Elisey Ivanov che guidava la comunità ortodossa di Izyum. Nella città della regione di Kharkiv, liberata dall’esercito ucraino, dove sono state scoperte fosse comuni e cadaveri con i segni di torture, la guida spirituale locale legata al patriarcato di Mosca è finita nell’occhio del ciclone insieme ad alcuni suoi sacerdoti. Accusati di collaborazionismo con le truppe del Cremlino che hanno occupato il territorio. E adesso di essersi rifugiati in Russia per sfuggire alla cattura dopo i successi della controffensiva di Kiev.

Nella guerra iniziata sette mesi fa, il 24 febbraio, anche il “fattore R”, ossia l’elemento religioso, diventa terreno di scontro. Soprattutto dopo la decisione del patriarca russo Kirill di appoggiare l’invasione. Perché resta ancora maggioritaria in Ucraina la Chiesa ortodossa russa , nonostante il conflitto. E non c’è stata quell’ipotizzabile fuga dalle sue parrocchie, né la migrazione verso la nuova Chiesa ortodossa autocefala. Allora si trasformano in casi politici le scelte, come quelle del metropolita di Izyum, di schierarsi dalla parte degli occupanti. In un video diffuso sul Web nelle scorse settimane si vede il vescovo che benedice quanti hanno sostenuto l’esercito «nemico» ed elogia le loro «buone azioni». Ma già a giugno alcune Ong avevano riferito come il presule ortodosso «lavorasse attivamente con loro». Inoltre a metà settembre era intervenuto all’inaugurazione della mostra “L’angelo di San Belogorye” allestita a Belgorod, la città russa a ridosso del confine con l’Ucraina da cui, secondo Kiev, partono i missili diretti a Kharkiv. Un taglio del nastro avvenuto nel giorno in cui si celebra l’apparizione della Vergine Theotokos alle truppe russe nel 1914. Adesso sul sito della diocesi ha esortato i riservisti ad «adempiere coraggiosamente al loro pio dovere».

Il metropolita Onufrij, a capo del ramo ucraino del patriarcato di Mosca, ha già preso le distanze da Kirill spiegando a maggio: «Non siamo d’accordo con la posizione del patriarca sulla guerra». E ha dichiarato la «piena indipendenza» dalla Chiesa russa. Parole ritenute «strumentali » da una parte dell’opinione pubblica ucraina che ora chiama in causa Onufrij per non aver fermato le azioni di sostegno ecclesiale ai militari del Cremlino. È il caso dell’arciprete Andrii Tkachev e del suo proselitismo filo-putiniamo compiuto proprio a Izyum. Il sacerdote della Chiesa ortodossa russa, ma originario a Leopoli, noto predicatore anche su Internet, è accusato di «propaganda in talare». «Usando anche la lingua ucraina per accreditarsi di fronte alla gente – riferiscono le autorità locali – ripeteva ai fedeli che le truppe russe stavano aiutandoli a sconfiggere il vero nemico e dipingeva gli Stati Uniti e l’Europa come nemici comuni della Russa e dell’Ucraina. Inoltre più volte aveva posto l’accento sugli “ucraini ingannati che a causa degli americani hanno imparato a puntare le armi contro la Russia”». E viene citata una frase che l’arciprete era solito ripetere: «La storia delle vittorie ucraine è la storia delle vittorie ottenute insieme con i russi. Dobbiamo fare in modo che i nostri nemici perdano grazie al nostro sforzo comune».

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