venerdì 31 gennaio 2020
Mancano i numeri. I democratici potrebbero veder bocciata oggi la mozione per sentire i testimoni, soprattutto l'ex consigliere Bolton, dopo la decisione del senatore repubblicano Alexander di opporsi
Il presidente Donald Trump in un comizio a Des Moines nell'Iowa

Il presidente Donald Trump in un comizio a Des Moines nell'Iowa - Reuters

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I democratici al Congresso sono pronti a gettare la spugna. Ieri i senatori repubblicani si dicevano certi di aver racimolato i 51 voti necessari a bocciare una mozione della minoranza tesa a chiamare testimoni al processo per l’impeachment di Donald Trump. E la procedura si avvia a rapida conclusione, forse oggi stesso. Il senatore Lamar Alexander, incerto se votare la mozione con cui si chiedono nuove testimonianze, ha sciolto la riserva e affermato che si esprimerà in modo negativo. Affinché la mozione passasse, erano
necessari almeno quattro voti dei repubblicani e Lamar Alexander era uno dei pochissimi disponibili a votare a favore.Altri due senatori repubblicani, Susan Collins e Mitt Romney avevano affermato di voler votare a favore della mozione mentre Lisa Murkowski annuncerà oggi la propria decisione.

La scelta di Lamar Alexander spingerà probabilmente il capo della maggioranza repubblicana al Senato a chiedere un voto rapido, già oggi, sull'impeachment, che per andare avanti ha bisogno di due terzi della maggioranza dell'aula, ovvero 67 senatori; i repubblicani al Senato sono in tutto 53 e 47 i Democratici. "È inopportuno che il presidente chieda a un leader straniero di indagare un proprio oppositore politico e far dipendere gli aiuti degli Stati Uniti da questo", ha affermato Alexander, che però non fa discendere da questa argomentazione ciò che i Democratici desiderano: "La Costituzione non dà al Senato il potere di rimuovere un presidente dall'incarico semplicemente per azioni inopportune".
Servirebbe, insomma, ben altro, come spiega sul Wall Street Journal un editoriale odierno: "Ciò che potrebbe dire Bolton - si legge - non cambierebbe l'esito del procedimento. Ciò che lui scrive nel libro, la cui bozza è stata anticipata dal New York Times, non implica che il presidente abbuia commesso reati da impeachment. Bolton ci dice di un comportamento che potrebbe essere giudicato molto criticabile, messo in atto da Trump, ma su ciò saranno gli elettori a doversi esprimere il prossimo novembre", quando si
terranno le elezioni presidenziali.

John Bolton, l’ex falco dell’Amministrazione in carica, dove rivestiva il ruolo di consigliere per la sicurezza nazionale, in un’autobiografia ancora inedita ha minacciato di mettere nei guai il suo ex capo. «Cerchiamo di essere chiari: abbiamo visto oltre 28mila documenti nell’intero processo – ha però dichiarato la senatrice del Grand old party Joni Ernst –. L’accusa aveva un compito: convincerci della necessità dell’impeachment e non c’è riuscita. Non sentiremo Bolton». Il voto vero e proprio sull’ammissione di nuovi testi è in programma comunque per oggi, e i repubblicani sperano di liquidarlo velocemente per poi passare al colpo finale: l’assoluzione del presidente Usa dalle accuse di abuso di potere e di ostruzione al Congresso che potrebbe arrivare tra poche ore. Se così sarà, come è probabile, il capo della Casa Bianca si troverà libero da ogni incriminazione dopo solo una decina di giorni di procedimento in aula, in tempo per presentarsi come la vittima innocente di un complotto fallito per il suo discorso annuale sullo stato dell’Unione, martedì sera. Scagionato dai crimini che gli sono stati imputati, il presidente Usa potrà dedicarsi a tempo pieno alla campagna elettorale per la sua rielezione, proprio mentre i democratici cominciano a recarsi alle urne per scegliere il suo sfidante. Non a caso Trump ieri era in Iowa, il primo Stato a tenere consultazioni primarie lunedì, dove nel fine settimana si recherà l’ex vicepresidente Joe Biden, in testa alla corsa per la nomination democratica. Ieri però i repubblicani hanno fatto un tentativo di volgere a loro favore un’eventuale passaggio della mozione sulle testimonianze, chiedendo la presenza in aula della “gola profonda” che ha dato origine al cosiddetto Kievgate.

Ma il numero uno della Corte Suprema, John Roberts, che presiede il processo al Senato, ha dichiarato la mossa illegittima perché metterebbe a rischio l’incolumità dell’agente dell’intelligence. Intanto la Casa Bianca continuava la sua battaglia per impedire che veda la luce il libro nel quale Bolton sostiene che Trump aveva congelato gli aiuti per l’Ucraina fino a quando Kiev non avesse indagato su Biden e suo figlio. Gli avvocati di Trump hanno minacciato di accusare di alto tradimento l’ex collaboratore del presidente, sostenendo che il suo manoscritto contiene informazioni «top secret», affermazione negata dal diretto interessato. Allo stesso tempo un altro avvocato del presidente al Senato presentava una teoria ancora più ampia sull’inutilità della testimonianza di Bolton. In sostanza, ha detto, anche se quello che scrive fosse vero, il capo della Casa Bianca aveva il diritto di farlo.

«Se un presidente fa qualcosa che lo aiuterà ad essere eletto e la sua elezione è nell’interesse pubblico, questo non può risultare in un impeachment», ha sostenuto Alan Dershowitz. Un argomento che secondo i democratici equivale a dire che «il presidente è al di sopra della legge». Ma i democratici al Congresso ieri hanno comunque messo a segno una piccola vittoria: hanno approvato alla Camera due misure che limitano la capacità del presidente di intraprendere azioni militari contro l’Iran senza l’autorizzazione del Congresso.

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