giovedì 7 gennaio 2021
L’area più colpita è Los Angeles, dove gli ospedali sono al collasso Container-frigo nei parcheggi dei centri sanitari per le salme che non trovano più posto negli obitori Schierato anche l’esercito
Un ospedale da campo allestito a Orange, all’esterno dello University of California Irvine Medical Center

Un ospedale da campo allestito a Orange, all’esterno dello University of California Irvine Medical Center - Reuters

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È il cuore del contagio, l’epicentro del dramma americano. L’anno nuovo non è cominciato sotto i migliori auspici in California, dove in questi giorni si assiste a un nuovo picco, con l’ultimo record di oltre 74mila nuovi casi registrato in un solo giorno, lunedì, e il numero totale di contagi da inizio pandemia arrivato ieri a quota 2.496.990, mentre sono 27.519 i morti. «Un’ondata che si aggiunge a un’ondata», ha detto il governatore Gavin Newsom, commentando la grave situazione.

«Questa è una settimana molto critica – ha aggiunto –, stiamo entrando in quella fase che avevamo anticipato e che sta creando una grande pressione sulle terapie intensive, adesso che le festività sono finite ». Un’impennata che quindi non sorprende del tutto dopo settimane di vacanze, cominciate a fine novembre con Thanksgiving e proseguite durante il periodo natalizio, in cui tanta gente si è spostata e ha viaggiato nonostante le raccomandazioni contrarie. Così le numerose restrizioni adottate a livello statale, il ritorno allo “stay at home order” lo scorso 7 dicembre, la cancellazione di eventi super-contagiosi a Natale e a Capodanno, non sono bastati a contenere la forte diffusione dei contagi. La zona più colpita è la contea di Los Angeles.

Le ultime notizie riportano di ospedali quasi al collasso che non riescono più ad accogliere pazienti nelle terapie intensive e di posti letti che vengono aggiunti in scuole, arene e sale congressi. L’alta densità di popolazione – nella sola contea di Los Angeles vivono 10milioni di abitanti – e la presenza di ampie sacche di povertà in quest’area sono fattori che non hanno aiutato. L’emergenza è tale che le autorità mediche hanno chiesto agli operatori delle ambulanze di non portare in ospedale pazienti con bassissime possibilità di sopravvivenza, e di somministrare l’ossigeno solo se i livelli di saturazione sono al di sotto del 90%. Si è al razionamento dell’ossigeno, tanto da rendere necessario l’intervento delle squadre di genieri della U.S. Army per rendere più efficiente il sistema di distribuzione delle bombole e l’approvvigionamento di forniture. Anche i respiratori scarseggiano.

Inoltre, «è sempre più difficile curare chi arriva in ospedale con ferite da arma da fuoco, attacchi di cuore, infarti o ferite da incidenti stradali», fa sapere il supervisore della contea, Hilda Solis, che sottolinea come il personale medico sia «fisicamente e mentalmente esausto». Più di 700 infermieri sono stati riassegnati per infoltire le fila dei reparti Covid, mentre più di 75 fra dottori e infermieri dell’esercito sono arrivati in aiuto nella zona. Grave è anche la carenza di ambulanze, dato che molti ammalati sono costretti ad aspettare per diverse ore proprio sui mezzi di soccorso prima di essere ammessi alle strutture ospedaliere. «Molti nosocomi sono costretti a prendere decisioni molto difficili su quali pazienti accogliere.

Siamo sull’orlo di una catastrofe», ha affermato il direttore dei Servizi per la salute della contea di Los Angeles. Mentre container-frigo vengono posteggiati dietro gli ospedali per accogliere le salme che gli obitori non riescono più a contenere. Eppure, la California era stata la più virtuosa durante la prima ondata della pandemia. Il SF Chronicle, giornale di San Francisco, attribuisce le ragioni del deterioramento in parte alla mancanza di stretti controlli delle misure contenitive, in parte a un senso diffuso di fatica, dato che la California è in uno stato di semi-lockdown continuato da marzo scorso, oltre al fatto che nel sud l’atteggiamento verso il virus è sempre stato un po’ più rilassato.

La situazione è meno drammatica infatti nella Bay Area, ma finché la disponibilità delle terapie intensive rimane sotto il 10%, le autorità hanno fatto sapere che lo “stay at home order”, potrebbe essere prolungato oltre l’8 gennaio, mentre a San Francisco è stato già esteso a tempo indeterminato. Sul fronte della vaccinazione, solo un terzo delle dosi mandate in California sono state somministrate a 450mila persone. Il governatore Newsom ha ammesso «complicazioni logistiche » e ha annunciato lo stanziamento di 300milioni di dollari per accelerare la distribuzione.

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