venerdì 25 novembre 2022
Code ai pochi bancomat, ai distributori di carburante e acqua. A preoccupare è la situazione degli ospedali. Msf: in pericolo milioni di civili
Il freddo e le bombe «premono». 
Il dilemma di restare o fuggire
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Senza gas né elettricità Olga si è data tre giorni. «Se entro domenica non riesco a fare il bagno caldo a Sasha, ce ne andremo di nuovo in Romania, anche se stiamo finendo i soldi». Sasha ha 3 anni, dorme con mamma e papà sotto una montagna di coperte e sarà difficile spiegargli di doversi separare di nuovo dal padre. Le conseguenze dell’attacco alle infrastrutture strategiche non sono un effetto collaterale. Milioni di ucraini non hanno corrente elettrica né riscaldamento. Le città sono nel caos automobilistico, ma perfino l’accensione improvvisa degli odiati semafori restituisce una speranza a chi vuol provare a restare.

Mosca ammette di aver attaccato i poli energetici, affermando che il suo obiettivo è quello di ridurre la capacità dell’Ucraina di produrre energia e per spingere Kiev a negoziare, tuttavia senza specificare a quali condizioni. Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha detto che è colpa di Kiev: «Gli ucraini stanno soffrendo perché si rifiutano di cedere alle richieste di Mosca», che tuttavia non ha precisato quali sarebbero le condizioni poste. Il governo ucraino risponde affermando che smetterà di combattere «solo quando tutte le forze russe se ne saranno andate».

In tutto il Paese ieri c’erano code ai non molti bancomat attivi: circa 3.500 su una rete di oltre 15mila sportelli. Attese anche ai distributori di carburante e lunghe file nei punti di distribuzione dell’acqua potabile. Molte città e villaggi non hanno accesso al sistema idrico e le forniture di gas per uso domestico sono state gravemente compromesse.

Per la prima volta, gli attacchi russi hanno costretto Kiev a spegnere le tre centrali nucleari di cui il Paese dispone. I funzionari del settore nucleare sostengono che le frequenti interruzioni di corrente costituiscono un rischio altissimo di catastrofe nucleare, aumentato dal continuo lancio di missili, ha ribadito Petro Kotin, capo dell’operatore nucleare ucraino Energoatom.

Solo a Kiev, dove vivono circa 3 milioni di persone con temperature sotto zero, mercoledì sono stati colpiti tre condomini, causando la morte di dieci persone. Sono centinaia gli sfollati dell’ultima settimana ammassati nel centro di orientamento per profughi a Odessa. Arrivano soprattutto dalle regioni di Mykolaiv e Kherson, dove la ritirata dei russi non significa poter stare tranquilli. Anche ieri si è sparato sulle città. La contraerea è intervenuta più volte ma non c’è modo di fermare l’artiglieria con la sua pioggia di proiettili e schegge che non lasciano scampo. I genitori del piccolo Sasha per una minestra calda chiedono l’acqua bollente a un bar che ha il gruppo elettrogeno. La sera niente tv, solo filastrocche al lume di candela. Ancora non ha scritto lettere a Babbo Natale, nonostante i panettoni italiani siano già in bella vista nei supermarket di Odessa. Al mercatino coperto di viale Oleksandrivskyi, dove il chiasso dei generatori a motore zittisce le sirene antiaeree, Olga ha comprato per il bambino una giostrina natalizia piena di luci colorate, e chissà che festa quando si accenderanno nel buio del loro appartamento. La cosa più difficile per Olga sarà spiegare a Sasha che dovrà di nuovo separarsi dal papà, ora che dopo lunghi mesi in Romania erano riusciti a tornare insieme.

La guerra colpisce i più vulnerabili, come gli anziani. Anna è una libera professionista, se potesse se ne andrebbe al caldo in Italia. «Ma ho un padre di 86 anni, non è in grado di muoversi – spiega – e insieme alle bombe dovremo sopportare anche questo». In casa non si sta granché. La vista sulla stazione di Pryvoz mostra il viavai continuo di profughi. Chi sui treni per Kiev per raggiungere poi la Polonia, chi in cerca dei bus per la Moldavia. «Noi resteremo qui. Se Putin vuole cacciarci – dice Anna salutandoci – dovrà usare l’atomica».

La minaccia del nucleare è affrontata con fatalismo. Un Paese che ha conosciuto e affrontato il disastro di Chernobyl non si lascia spaventare facilmente. Piuttosto preoccupa la condizione degli ospedali, dove un’interruzione di corrente può fare più morti di un cecchino. Da tutta Europa stanno arrivando generatori elettrici per sopperire almeno alle esigenze di base. «I massicci blackout in tutta l’Ucraina causati dagli attacchi alle infrastrutture energetiche stanno mettendo in pericolo milioni di civili. Questi attacchi alle infrastrutture essenziali sono inaccettabili», ha dichiarato Christopher Stokes, capomissione di Medici senza frontiere in Ucraina.

«Con l’arrivo dell’inverno e l’abbassamento delle temperature, questo avrà un impatto sulla popolazione delle aree vicine e lontane dal fronte, che già da 9 mesi vive in condizioni molto difficili». Migliaia di persone che già vivevano in case danneggiate dal conflitto si trovano ora ad affrontare la sfida del gelo, con temperature che presto arriveranno a toccare anche i 20 gradi sotto zero. Ma prima di allora, a migliaia avranno ripreso la via dei profughi.

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