giovedì 10 novembre 2016
Durante la campagna elettorale Trump aveva promesso: «farò tutto in sole 24 ore» ma i problemi che deve affrontare subito sono molti e complicati. Ecco i principali.
Il neo presidente degli Stati Uniti Donald Trump

Il neo presidente degli Stati Uniti Donald Trump

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E ora? Con l’amore per l’iperbole che non lo ha mai abbandonato durante tutta la corsa elettorale, il neo presidente Donald Trump aveva annunciato baldanzoso a Gettysburg: «I cento giorni? Me ne basta uno». Un giorno di fuoco, se si considerano le incendiarie “promesse” che il miliardario ha disseminato durante l’intera la campagna elettorale.

Dossier corposi, che ora dovranno passare al vaglio della realtà (e della fattibilità). Il fronte più caldo, quello dell’immigrazione. Le intenzione di Trump prima del voto: cacciare chi è privo di documenti. Un rimpatrio forzato che trascinerebbe fuori dagli States milioni di persone (sono 11 milioni gli irregolari). Uno choc per il mercato del lavoro a stelle e strisce. Non solo: come ha scritto il Washington post un’operazione del genere costerebbe qualcosa come 20 miliardi di dollari. Troppi.

I finanziamenti disponibili, scrive il quotidiano che non ha mai nascosto l’avversione per il tycoon, basterebbero a deportare “solo” 400mila all’anno. C’è poi il muro, quello che blinderebbe gli Usa e impedirebbe l’afflusso di messicani. Certo un «giorno» non basterà e neanche cento: ma per la valenza simbolica dell’intera operazione difficile pensare che la nuova Amministrazione lasci cadere il “progetto”. Altro obiettivo sbandierato dal vincitore: picconare l’Obamacare, la più grande e ambiziosa riforma di Obama. Una “demolizione” che significherebbe la perdita dell’assicurazione sanitaria per 24 milioni di americani. Politica estera.

La discontinuità promessa da Trump minaccia di avere effetti altrettanto dirompenti. A cominciare dall’accordo con sul nucleare iraniano. Il neo presidente lo ha detto chiaro e tondo: trattasi di un’intesa «disastrosa », va «stracciata». Ieri è arrivato l’altolà del presidente iraniano Hassan Rohani. L’esito del voto non inficerà l’accordo, gli Usa «non hanno più la capacità di creare un fronte internazionale » contro l’Iran e Teheran proseguirà il suo corso «con serenità».

Altrettanto tormentati si annunciano i rapporti con la Cina, in nome della svolta protezionista che Trump vuole imprimere. Il neo presidente pensa a tariffe punitive contro le merci che arrivano dal continente asiatico. Le accuse sono note: Pechino ruba il lavoro agli americani, Pechino svaluta la propria moneta in maniera sleale. C’è un però. Il miliardario non ha nascosto la sua volontà di alleggerire la presenza (militare) degli Usa in Europa e Asia, così come di diminuire l’impegno a favore dei Paesi Nato. La Cina, in quel caso, sarebbe pronta a ringraziare.

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