domenica 27 novembre 2022
Il capitano Noori è un ex membro dei commando addestrati dagli Usa che hanno lottato contro gli estremisti: «Basta andare in un consolato russo in Iran o Tagikistan e si occupano di tutto loro»
I militari afghani arruolati da Mosca

Reuters

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A contattarlo dalla Russia sono stati i suoi ex commilitoni. Lo hanno invitato a unirsi a loro e lo hanno messo al corrente di tutto ciò che c’è da sapere sull’ingaggio proposto da Mosca. Così il capitano Noori, 36 anni, ex componente dei commando afghani, le forze altamente specializzate nella lotta contro taleban e Daesh addestrate dai Navy Seal statunitensi e dal British Special Air Service (Sas), si è trovato di fronte a una scelta: restare nascosto, senza più risorse né possibilità di lavorare, muovendosi come un fantasma per non farsi scovare dai nuovi padroni di Kabul, oppure venire arruolato dai russi per combattere in Ucraina. «Centoventisette miei ex commilitoni hanno già raggiunto la Russia» racconta al telefono dall’Afghanistan. La notizia era circolata sulla stampa internazionale a fine ottobre.

Per il fronte ucraino Mosca starebbe reclutando militari afghani delle forze speciali e, appunto, uomini dei commando, contattandoli su WhatsApp e Signal e invitandoli a promuovere il reclutamento di altri delle loro unità. In questo modo la proposta di ingaggio ha raggiunto anche il capitano Noori, che nei commando ha combattuto per 11 anni, prima addestrato dalle forze Nato, poi dall’esercito statunitense e a Herat dai soldati italiani in training per il disinnesco di ordigni esplosivi artigianali. Dopo il collasso del governo filo- occidentale di Kabul, tra i ranghi di esercito e corpi speciali qualcuno è stato evacuato, altri sono fuggiti nei Paesi vicini, altri ancora sono rimasti entro i confini del redivivo Emirato islamico, finendo per darsi alla macchia in attesa di nuovi eventi. « Per arruolarsi con Mosca occorre presentarsi a un consolato russo in Iran o in Tagikistan. Lì c’è chi si occupa di tutto, documenti, visti, trasferimento nella Federazione ».

Il compenso mensile varierebbe dai 1.500 dollari per i militari di grado minore fino ai 3.500 per figure di alto profilo con esperienza di comando. Tra le promesse, anche l’evacuazione dei famigliari e il rilascio del passaporto russo. Soldi e sicurezza per mogli e figli, dunque, proprio quello che in Afghanistan manca a questi professionisti del combattimento lasciati al loro destino dalle truppe Occidentali nella ritirata precipitosa e scombinata dell’agosto dello scorso anno da Kabul. « Dopo l’arrivo dei taleban al potere, sono rimasto in Iran per quattro mesi a cercare lavoro, senza successo, così sono tornato. Sono ancora disoccupato. Come molti dei commando, vivo nascosto spostandomi ogni due mesi perché i taleban agiscono su segnalazione, non si può restare a lungo nella stessa località. Si rischia troppo». Chiediamo se lui e gli ex compagni non vedano la Russia come un Paese nemico. Per dieci anni, dal 1979 al 1989, l’Unione Sovietica ha occupato parte dell’Afghanistan.

«È vero, ancora oggi non lo considero un Paese amico. Chi ha deciso di partire, però, lo ha fatto solo perché la sua vita qui era a rischio. Ritorsioni, vendette, niente lavoro e un’economia in ginocchio. Sono numerose le ragioni per cui alcuni di noi si sono uniti ai russi. Altri, in numero molto minore, hanno raggiunto addirittura i taleban o altri che offrono sicurezza e denaro». È il rischio denunciato dal deputato repubblicano Michael McCaul della Commissione Affari esteri della Camera dei Rappresentanti Usa, in un rapporto di tre mesi fa. In un passaggio dal titolo “Commando afghani bloccati nel limbo” si definisce « possibile» l’eventualità «che questi ex militari e altro personale dell'intelligence possano essere reclutati o costretti a lavorare per uno degli avversari dell’America, tra cui Russia, Cina o Iran».

L’arruolamento rappresenterebbe «un grave rischio per la sicurezza nazionale per il fatto che questo personale afghano è a conoscenza di tattiche, tecniche e procedure dell’intelligence statunitense». Il capitano Noori ha seriamente valutato di partire. Alla fine, però, ha deciso che in Ucraina non andrà. « Mi sarei arruolato, ma ho moglie e figli, e quando ho chiesto se fosse possibile portarli subito in Russia, hanno risposto di no. Hanno detto che avrei dovuto prima andarci da solo».

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