sabato 11 febbraio 2017
La colpa: nel 2008 era stata arrestata per possesso di documenti falsi. Come la maggior parte degli 11 milioni di migranti ispanici che entrano negli Stati Uniti
Guadalupe García de Rayos

Guadalupe García de Rayos

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Mercoledì, Guadalupe García si è presentata al Servizio immigrazione (Ice) per la revisione del proprio caso, come faceva da 4 anni, ogni sei mesi. Stavolta, però, Guadalupe non è tornata a casa, a Phoenix, in Arizona, dove risiedeva da 22 anni, con i figli – entrambi cittadini Usa –: Ángel, 16 anni, e Jackeline, 14. Il fatto, però, non ha impedito agli agenti dell’Ice di rimpatriarla a Nogales, al di là della frontiera messicana, quella notte stessa, nonostante la proteste di varie attivisti: 7 sono stati fermati.

Una deportazione, come centinaia di migliaia di altre. Oltre 240mila nel 2016, era di Barack Obama, segnata dai rimpatri record. Da anni, però, la Casa Bianca aveva dato ordine di concentrarsi sugli irregolari “pericolosi”. Donald Trump ha detto di voler fare lo stesso.

Nell’ordine esecutivo del 25 gennaio, il presidente, però, ha parlato di antecedenti penali, senza specificare. Nella categoria potrebbe rientrare chiunque abbia un caso pendente. Come Guadalupe, arrestata nel 2008 per possesso di documenti falsi. Un delitto commesso dalla maggior parte degli 11 milioni di “indocumentados” negli Usa. Nel 2013, dopo un braccio di ferro, il suo rimpatrio era stato bloccato proprio perché la donna non aveva commesso delitti pericolosi. Da qui, l’accusa degli attivisti che le priorità dell’Ice sarebbero cambiate. Questo, però, nega.

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