venerdì 5 gennaio 2018
Il Consiglio di Stato si pronuncia sul destino della 14enne affetta da una grave malattia e in stato vegetativo dando ragione all’ospedale di Nancy che chiede l’applicazione della legge sul fine vita
La sede del Consiglio di Stato a Parigi

La sede del Consiglio di Stato a Parigi

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Quasi alla vigilia del lancio in Francia di un nuovo round degli stati generali della bioetica (il 18 gennaio, in vista di una revisione della legge quadro vigente), il verdetto giudiziario sul caso drammatico di una quattordicenne in stato vegetativo ha nuovamente spostato i riflettori sui dilemmi etici del fine vita in ambito ospedaliero. Affetta da una malattia neuromuscolare, una grave miastenia autoimmune, la studentessa Inès era stata ritrovata esanime a casa, lo scorso 22 giugno, dopo un arresto cardiaco. Ricoverata all’Ospedale universitario di Nancy (Lorena), da allora non è più uscita dal suo stato, con un quadro clinico cerebrale parso drammatico fin dall’inizio, a causa di numerose lesioni. Ma i genitori di Inès – di fede musulmana – non hanno mai accettato l’improvvisa irruzione tra le loro speranze della procedura collegiale di fine vita decisa dall’ospedale e sfociata, già il 21 luglio, nell’autorizzazione alla disattivazione dell’assistenza respiratoria.

Oggi, 5 mesi dopo quella decisione medica resa possibile dall’attuale legge francese, ha dato torto ai genitori anche il massimo foro amministrativo, il Consiglio di Stato, interpellato d’urgenza dalla coppia che cercava di annullare un precedente verdetto sfavorevole reso il 7 dicembre dal Tribunale amministrativo di Nancy. Per la giustizia transalpina l’ospedale «ha risposto alle esigenze della legge». Più precisamente, i medici hanno rifiutato «un’ostinazione irragionevole» nelle cure, secondo uno dei concetti chiave della nuova disciplina.

Il 17 novembre una commissione esterna di tre medici incaricati dai magistrati aveva concluso che «è certo il carattere irreversibile delle lesioni neurologiche». Le speranze dei genitori, che invocano il diritto di Inès al rispetto della propria vita, sono adesso appese a un ricorso presso la Corte europea dei diritti dell’uomo.

In proposito, lo stesso ospedale ha già chiarito che «nulla verrà fatto prima che tutti i ricorsi siano esauriti». Il verdetto di ieri, infatti, riguarda la validità giuridica dell’applicazione di un protocollo di fine vita. Ma fino all’ultimo i medici restano in teoria liberi nelle proprie scelte. La speranza dei genitori è proprio quella di guadagnare tempo.

Come in altri casi recenti che riguardano minori, il nuovo dramma ripropone un dilemma che continua a lacerare le coscienze: è davvero possibile spegnere ogni residua speranza contro il volere dei genitori? Intanto, la frangia pro-eutanasia del mondo politico transalpino ha riproposto nelle ultime ore una nuova bozza di legge volta a stravolgere il quadro attuale imperniato, in teoria, sul duplice rifiuto dell’eutanasia attiva e dell’accanimento terapeutico. In realtà, lo stesso quadro è divenuto ambiguo dopo alcuni innesti durante la scorsa legislatura socialista, a cominciare dal più che controverso diritto alla «sedazione profonda e continua fino al decesso», applicabile a una casistica mai semplice da definire nella realtà. Da mesi sulle principali questioni bioetiche preoccupa il supposto "liberismo" attribuito da molti osservatori al presidente Emmanuel Macron, alla luce delle dichiarazioni rilasciate prima e dopo l’elezione.

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