venerdì 26 agosto 2022
Ormai è guerra aperta: «Tra i quattro morti anche due bambini». Il governo Addis Abeba, che attacca da una settimana, parla di obiettivi militari, i ribelli negano
Nel Tigrai, la regione settentrionale etiope, è ripreso l’esodo degli sfollati che cercano riparo dai combattimenti

Nel Tigrai, la regione settentrionale etiope, è ripreso l’esodo degli sfollati che cercano riparo dai combattimenti - Reuters

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Ormai è tornata la guerra. Sono nuovamente iniziati i bombardamenti in Tigrai, nel nord-est dell’Etiopia. L’esercito ha confermato di aver colpito i ribelli del Fronte per la liberazione del popolo del Tigrai (Tplf) provocando «vittime e distruggendo edifici» in una regione tagliata fuori dal mondo. Secondo alcune fonti mediche di Macallè, la capitale della regione colpita dai caccia di Addis Abeba, sono invece almeno quattro le vittime tra i civili, inclusi due bambini condannata con forza subito dall'Unicef. "L'Unicef condanna con forza l'attacco aereo a Macallè - afferma in una dichiarazione il direttore esecutivo, Catherine Russell - L'attacco ha colpito un asilo, uccidendo diversi bambini e ferendone altri. L'Unicef invita le parti a concordare una cessazione immediata delle ostilità".

Il governo etiope, naturalmente smentisce: «L’aviazione ha preso di mira solo obiettivi militari» ha replicato alle accuse dei ribelli del Tplf. A causa delle difficoltà nel raggiungere le zone di conflitto, rimane comunque difficile verificare i crimini di cui governo e ribelli si accusano a vicenda. «Un attacco aereo ha ucciso due adulti e due minori e ha ferito almeno 9 civili – ha dichiarato ieri alla stampa Kibrom Gebreselassie, direttore dell’ospedale Ayder di Macallè. I bombardamenti hanno colpito «anche un parco giochi per bambini». Altre fonti dei miliziani hanno inoltre confermato che è stata presa di mira un’area residenziale.


Le autorità dalla capitale etiope, Addis Abeba, avevano avvertito ieri mattina i civili di un «imminente attacco aereo» e avevano consigliato l’immediata evacuazione dalle zone a ridosso di strutture militari. E dopo i bombardamenti hanno accusato il Tplf di farsi fotografare mentre scaricano «sacche per cadaveri senza nulla al loro interno nelle aree residenziali per affermare che l’aviazione aveva attaccato i civili».

Anche il capo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l’etiope Tedros Ghebreyesus, ha espresso la sua preoccupazione. «A causa dell’isolamento della regione tigrina priva di Internet, elettricità e servizi bancari – ha detto ieri il funzionario Onu durante una conferenza –, non riesco neanche a spedire denaro ai miei parenti».

Negli ultimi giorni ci sono stati focolai di violenze anche nella regione Amhara, soprattutto al confine con il Tigrai. Il conflitto tra governo centrale e Tigrai è scoppiato a novembre del 2020, meno di un anno dopo che il premier etiope, Abiy Ahmed, ha vinto il premio Nobel per la Pace grazie alla fine delle ostilità con la vicina Eritrea. Da una parte gli Stati Uniti e l’Europa hanno più volte fatto pressione su Abyi affinché fermi gli attacchi e inizi un dialogo con i ribelli, dall’altra Cina e Russia hanno deciso di sostenere il governo etiope con accordi militari e rifornimenti logistici. Situazione che, dopo la fragile tregua umanitaria raggiunta nel marzo scorso e infranta una settimana fa, ora potrebbe tornare a infiammare l’intera regione del Corno d’Africa.

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