venerdì 24 febbraio 2017
È caccia all’uomo: 7 uccisi in 15 giorni. In fuga da al-Arish 200 famiglie cristiane. Un negoziante è stato inseguito e sgozzato sul tetto di casa, un idraulico è stato assassinato a colpi di fucile
Cristiani copti nella cattedrale di San Marco al Cairo (Reuters)

Cristiani copti nella cattedrale di San Marco al Cairo (Reuters)

COMMENTA E CONDIVIDI

Si allunga in modo drammatico la lista di cittadini egiziani di fede cristiana uccisi dagli jihadisti del Daesh, acronimo arabo del sedicente Stato islamico, di stanza nella provincia del Sinai settentrionale. Secondo quanto riferito ieri dalla tv satellitare “al-Arabiya”, «uomini armati del Daesh hanno prima inseguito Kamil Abu Romani, proprietario di un negozio, fin sopra il tetto della sua casa nel quartiere al-Zuhur di al-Arish e una volta preso lo hanno sgozzato per poi dare fuoco alla sua abitazione, dalla quale nel frattempo erano fuggiti i familiari». L’emittente ha raccolto il racconto circostanziato di testimoni oculari.
Nel contempo, un altro assassinio a sfondo confessionale è stato reso noto dalla polizia: la vittima, un idraulico assassinato giovedì a colpi di arma da fuoco a casa propria, davanti a moglie e figli piccoli, abitava anch’egli nella città di al-Arish. La località, capoluogo del governatorato del Sinai del Nord distante 50 chilometri dalla frontiera con la Striscia di Gaza (Rafah è l’ultimo centro urbano egiziano, ndr) e, poco più a Sud, con quella israeliana, è ormai diventata maledetta per gli egiziani copti: sono sette, nell’arco di poco più di due settimane, le persone trucidate dagli islamisti nell’area metropolitana. Le vittime, senza che da parte degli assalitori ci sia il benché minimo timore di essere intercettati dalle forze di sicurezza, sono state tutte massacrate in pieno giorno, sotto gli occhi di altri cittadini, mediante colpi di arma da fuoco, arma bianca o roghi: vere e proprie esecuzioni pubbliche. Modalità che ricopiano, per crudeltà, quelle dei “colleghi” del Daesh in Iraq, Siria e Libia.
In particolare, gli islamisti egiziani paiono aver accolto l’appello rivolto loro dai vertici dell’organizzazione mediante un video, diffuso domenica scorsa: in esso, i musulmani sono invitati ad attaccare, uccidendoli, i cristiani egiziani in tutto il Paese nordafricano. Ed ecco che, nonostante tre anni e mezzo di scontro frontale con le forze armate, il jihadismo dimostra tutta la propria virulenza, seminando il terrore nella regione “tallone d’Achille” dell’Egitto.
Da sempre arduo da controllare per ragioni geografiche e culturali – il Sinai è montuoso, scarso di infrastrutture, dominato da clan beduini difficilmente assoggettabili a un potere statale – il governatorato è teatro di guerra dall’estate del 2013, quando, dopo la destituzione di Mohammed Morsi, le frange più oltranziste della Fratellanza musulmana hanno rimpolpato le file degli jihadisti già insediati (Ansar beit el-Maqdis).
Un anno dopo, all’apice dell’aggressività, le bandiere nere del Califfato sventolavano impunemente ad al-Arish e nelle cittadine vicine. Per tutta risposta, l’esercito egiziano ha scatenato una campagna offensiva senza precedenti, secondo indiscrezioni avvalendosi anche del supporto logistico israeliano. Sulle suddette operazioni – e sulla loro effettiva efficacia – il silenzio mediatico è quasi totale.
Adesso però l’impressione è che, dati per persi i teatri del Vicino Oriente, il jihadismo stia puntando tutto sull’Egitto, preda ideale dei deliri islamisti: nel Paese vive una delle comunità cristiane più antiche del mondo e, per il momento, la più consistente delle nazioni arabe. Stimati in 13 milioni di cittadini, i cristiani egiziani rappresentano il 15% della popolazione complessiva. Fonti della comunità copta ortodossa, la più numerosa, hanno riferito che circa 200 famiglie di cristiani hanno lasciato al-Arish nelle ultime due settimane proprio in seguito alla caccia all’uomo scatenata dai combattenti islamisti.
Interpellato dall’agenzia AsiaNews, padre Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana, ha confermato l’estrema «pericolosità» dell’area in cui sono avvenuti gli attacchi e ha aggiunto: «Siamo tristi per quello che sta succedendo e per le violenze che hanno colpito i copti. Siamo con loro, preghiamo per loro e vogliamo manifestare tutta la nostra vicinanza». Il portavoce ha poi invitato tutti i cristiani a «continuare a mantenere salda la fede», anche a fronte delle violenze. Greiche ha ricordato, infine: «In questi giorni hanno colpito cristiani, ma in passato, anche di recente, gli attacchi hanno coinvolto musulmani e, soprattutto, militari dell’esercito».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI