martedì 25 giugno 2019
L'allarme di Msf: ormai 1.500 i morti su un totale di più di 2.100 contagi in 11 mesi di emergenza nell'Est del Paese
Un gruppo di operatori esegue la bonifica diu un'abitazione alla periferia di Beni nel Nord Kivu in Congo (Ansa)

Un gruppo di operatori esegue la bonifica diu un'abitazione alla periferia di Beni nel Nord Kivu in Congo (Ansa)

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L'epidemia di ebola in Repubblica democratica del Congo (Rdc) è "l'emergenza sanitaria più complessa della storia". Ad affermarlo è John Johnson di Medici senza frontiere (Msf), una delle Ong in prima linea nella lotta al virus che nel nord-est del Paese africano ha già causato 1.500 morti su un totale di più di 2.100 contagi in 11 mesi. In termini di numeri l'epidemia congolese di ebola è la seconda più grave della storia, con un tasso di mortalità del 67%, un numero crescente di casi che colpiscono maggiormente donne (al 55%) e bambini (28%). Ma la difficoltà maggiore riguarda la risposta in atto per arginarla. Un'èquipe di Medici Senza Frontiere (MSF), composta da medici e logisti, è operativa nel distretto di Kasese, in Uganda, dove sono stati dichiarati dallo scorso 11 giugno tre casi di ebola, tutti facenti parte di un unico nucleo familiare in viaggio dal Congo. Due di loro sono morti, mentre il terzo paziente, insieme ad altri due membri della famiglia che mostravano sintomi legati alla malattia, sono stati fatti rientrare verso il Congo.
A complicare il quadro sanitario ci sono fattori politici, di sicurezza ma soprattutto culturali: non di rado le
popolazioni locali si rifiutano di credere nell'esistenza dell'Ebola - per molti è un'invenzione o una cospirazione - quindi non rispettano precauzioni vitali per evitare nuovi contagi ma soprattutto non si sottopongono alle cure disponibili, a cominciare dai vaccini. "Alla luce di questi fattori l'epidemia potrebbe proseguire per mesi" avverte la stessa fonte di Msf, operativa nel territorio di Butembo, in una testimonianza al quotidiano britannico 'The Guardian'. A causa di ripetuti attacchi delle innumerevoli milizie armate ai centri di cura e operatori sanitari, l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) in Nord-Kivu e nell'Ituri ha deciso di "sospendere ogni sua attività di lotta all'ebola a Beni".
Altrettanto difficile l'intervento in un'altra zona focolaio dell'epidemia scoppiata un anno fa, quella di Butembo (nord-est), alle prese con frequenti attacchi delle milizie Mai Mai che costringono le popolazioni a scappare, favorendo ulteriormente i contagi, il che complica il monitoraggio di ebola e la somministrazione delle cure. Per giunta a Butembo, dove la popolazione è prevalentemente di etnia Nande, domina la narrazione che il virus, se davvero esistente, sia stato volutamente portato da fuori proprio per sterminare il loro gruppo, uno dei più colpiti da annosi conflitti armati.

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