sabato 4 maggio 2019
Già 1.510 i casi di contagio segnalati, anche se l'elevata incidenza di decessi indica la gravità del fenomeno. Ma nell'est continuano le violenze: 100mila in fuga dai combattimenti
Il personale medico è spesso nel mirino nell'Est del Congo (Ansa)

Il personale medico è spesso nel mirino nell'Est del Congo (Ansa)

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Dallo scorso primo agosto circa mille persone sono morte di ebola nella Repubblica Democratica del Congo e il contagio del virus continuerà in maniera intensa. È l'allarmante bilancio reso noto dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Il Paese africano fa i conti con la più grave epidemia nella storia del virus, dopo quella che ha ucciso più di 11mila persone nell'Africa occidentale tra il 2014 e il 2016. Da allora, un vaccino sperimentale è stato sviluppato ed è attualmente utilizzato nella RD Congo.
L'Oms sperava di contenere l'epidemia per ora contenuta nel Nord Kivu, la regione orientale del Paese, anche attraverso il vaccino, ma nelle ultime settimane, alti dirigenti dell'agenzia hanno ammesso che la scarsa sicurezza, la mancanza di risorse e la manipolazione delle politiche locali per aizzare la popolazione contro le agenzie sanitarie che contrastano l'ebola hanno compromesso in modo grave gli sforzi. "Siamo di fronte a una situazione difficile e instabile", ha affermato il direttore del programma di emergenza dell'Oms, Michael Ryan, in una conferenza stampa a Ginevra.

"Prevediamo uno scenario di trasmissione continua e intensa", ha aggiunto. mercoledì erano 1.510 i casi di contagio segnalati, di questi 994 decessi. Il bilancio delle vittime dovrebbe raggiungere quota mille quando l'Oms riceverà l'ultimo aggiornamento, previsto per il fine settimana. Sono circa 12mila le persone nella Repubblica democratica del Congo sotto osservazione perché potrebbero essere entrate in contatto con il virus. La decima epidemia di ebola sul suolo congolese è stata dichiarata il primo agosto nella provincia del Nord Kivu e in parte marginale nel vicino Ituri. Le attività di risposta sono però continuamente ostacolate dall'instabilità e dalla violenza in una regione in cui sono attive decine di gruppi armati e in cui gli operatori della agenzie sanitarie non sono visti di buon occhio.

Le violenze non si fermano

Oltre 100.000 persone, infatti,sono state costrette ad abbandonare le proprie case solo nel mese di aprile. A fronte del perdurare degli attacchi, che continuano a seminare il terrore tra la popolazione, con sequestri, stupri e omicidi, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) è fortemente preoccupato per la sicurezza dei civili. Gli sfollati si trovano in condizioni disperate e l'instabilità della situazione rende impossibile raggiungerli. Si stima che siano 60.000 le persone fuggite ad aprile a seguito dei combattimenti intorno a Kamango, vicino alla città di Beni. Nello stesso mese, circa 50.000 persone sono fuggite nel vicino territorio di Lubero, teatro di scontri tra l'esercito congolese e i gruppi armati Mai-Mai. Gli attacchi sono cessati nella città di Beni, ma i gruppi armati si sono spostati nelle zone rurali. Gli scontri continuano anche nelle aree meridionali del Nord Kivu e verso la capitale della provincia, Goma.

La rivolta dei medici

A farne le spese sono anche i centri medici di assistenza ai malati di ebola: decine sono stati attaccati da miliziani, ma anche dalla popolazione stessa che "teme il contagio", in queste settimane: l'altro ieri oltre un centinaio di medici e personale sanitario straniero hanno manifestato a Goma per denunciare l'inerzia delle autorità locali.

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