giovedì 14 luglio 2022
La Turchia esulta dopo i colloqui che riprenderanno Il segretario Onu: «Passi significativi» L’Ucraina: «Pronti a esportare cereali, dipende dai russi» Nuove proposte
La lavorazione del grano raccolto, in un magazzino alle porte di Odessa nel sud dell’Ucraina

La lavorazione del grano raccolto, in un magazzino alle porte di Odessa nel sud dell’Ucraina - Ansa

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Mentre nel Donbass continuano i bombardamenti russi, c’è una prima svolta sulla situazione relativa al blocco dell’export del grano ucraino, che sta avendo gravi ripercussioni sull’aumento dei prezzi dei beni alimentari a livello internazionale. Russia e Ucraina, secondo le autorità turche, hanno concordato infatti di creare a Istanbul un centro di coordinamento sui corridoi per l’esportazione di grano dall’Ucraina nel mar Nero.

L’annuncio è arrivato in serata, dopo che le delegazioni dei due Paesi si sono incontrate a Istanbul, nel primo colloquio diretto dal 29 mar- zo, alla presenza di rappresentanti della Turchia e di inviati delle Nazioni Unite. «Nelle prossime settimane delegazioni di Ucraina e Russia si vedranno di nuovo in Turchia, saranno esaminati tutti i dettagli e firmato il lavoro fatto», ha detto il ministro della Difesa turco Hulusi Akar, che ha parlato di un’atmosfera «costruttiva e positiva». Di «passi significativi» verso «un accordo completo» ha parlato anche il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ha auspicato un accordo finale nell’incontro della prossima settimana, al quale potrebbe partecipare. «L’Ucraina è pronta a esportare il suo grano sul mercato internazionale», aveva detto in precedenza il ministro degli Esteri ucraino Kuleba, «siamo alla fase finale e ora tutto dipende dalla Russia. Se lo vogliono davvero, l’esportazione di grano inizierà presto». Lo stesso Kuleba aveva sottolineato che l’intesa era «a un passo». Sono almeno 35 milioni le tonnellate di grano ucraino che rischiano di marcire nei silos e, quindi, di creare una crisi alimentare di portata mondiale, con conseguenze drammatiche soprattutto in Africa.

La Turchia aveva proposto, con la partecipazione dell’Onu, la costituzione di un centro di controllo logistico a Istanbul per tracciare la rotta delle navi in uscita dal Mar Nero attraverso un percorso libero dalle mine che ora ne infestano le acque, soprattutto in prossimità dei porti. Quello che mancava era un accordo definitivo tra le parti, soprattutto per la reticenza di Mosca che aveva posto una serie di condizioni al piano di uscita del grano, mentre i dubbi di Kiev erano legati allo sminamento e al timore di attacchi russi.

Un problema che Ankara avrebbe risolto proponendo il passaggio attraverso una rotta libera da ordigni. Ieri Mosca ha detto di aver «sottoposto a valutazione un pacchetto di proposte per una soluzione pratica più rapida possibile». Secondo fonti ucraine, intanto, è raddoppiato a 16 nelle ultime 24 ore il numero di navi straniere che hanno raggiunto porti ucraini sul Danubio per esportare grano. Da giorni, infatti, l’Ucraina sta ripristinando ed espandendo alcuni dei suoi porti fluviali sul Danubio a lungo dismessi proprio per ovviare al blocco russo del Mar Nero. Altre 90 navi starebbero attualmente aspettando il loro turno.

Mosca, da parte sua, attraverso il capo del dipartimento per la Cooperazione economica del ministero degli Esteri russo, Dmitry Birichevsky, ha fatto filtrare l’ipotesi di imporre il rublo come valuta per i pagamenti delle sue esportazioni di grano. Uno schema che ricalcherebbe quello già adottato per il gas e che, osservano alcuni analisti, potrebbe essere applicato anche al grano eventualmente sottratto agli ucraini. L’intesa sul grano sembra però cosa fatta e non sembra un caso che la Commissione Europea abbia parzialmente aperto su un altro fronte, quello del blocco del transito delle merci russe verso Kaliningrad. Bruxelles ha infatti fatto sapere che, sebbene permanga il blocco stradale, «non esiste un simile divieto per il trasporto ferroviario, fatto salvo l’obbligo degli Stati membri di effettuare controlli efficaci». Sul terreno, intanto, gli scontri non diminuiscono.

Mosca sostiene di aver causato importanti perdite all’esercito ucraino. Bombardata ancora ieri la regione di Donetsk: tre missili hanno raggiunto Kostiantynivka, mentre due missili sono stati lanciati su Zaporizhzhia. Fonti russe ieri hanno riferito della morte della prima soldatessa in Ucraina, caporale Anastasia Savitskaya. Infine, il segretario di Stato della Santa Sede, cardinale Pietro Parolin, a proposito del viaggio di Francesco a Kiev ha osservato: «Il Papa ha detto che vuole andare, e appena è possibile ci andrà, ma i tempi non siamo in grado di prevederli».

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