giovedì 20 dicembre 2018
Nella capitale Kinshasa la campagna elettorale per le presidenziali è stata interrotta per «ragioni di sicurezza» a quattro giorni dalle elezioni L’opposizione: «Vogliono impedirci di parlare»
Cartelli contro il presidente Joseph Kabila al comizio del candidato presidenziale Martin Fayulu a Kinsshasa (Ansa)

Cartelli contro il presidente Joseph Kabila al comizio del candidato presidenziale Martin Fayulu a Kinsshasa (Ansa)

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top alla campagna elettorale nella capitale Kinshasa per ragioni di sicurezza. Quando, a meno di rinvii, sono ormai imminenti le elezioni di domenica che dovrebbero portare la Repubblica democratica del Congo al primo trasferimento pacifico di poteri della sua storia, la tensione torna a crescere. Mentre nel nord-ovest gli scontri tra due comunità hanno provocato oltre 100 morti, il governatore di Kinshasa Andre Kimbuta ha sospeso comizi e propaganda, sostenendo che alcune fazioni estremiste dei principali candidati alla presidenza «si stanno preparando a scontrarsi per le strade della città durante la campagna elettorale».
Gli analisti fanno peraltro notare che Kinshasa sia una roccaforte dell’opposizione: qui si sono tenute negli ultimi due anni decine di manifestazioni antigovernative e la stessa opposizione, che aveva in programma diversi comizi finali, ora ritiene che la sospensione mostri soltanto la paura del regime per una sconfitta elettorale. I congolesi chiamati alle urne domenica per mettere fine dopo 18 anni alla presidenza di Joseph Kabila sono oltre 40 milioni. A sfidare il candidato del partito dominante Emmanuel Ramazani Shadary, ex ministro dell’Interno con lo stesso Kabila, saranno 21 candidati: tra questi i principali esponenti dell’opposizione, Felix Tshisekedi, visto come favorito, e l’uomo d’affari Martin Fayulu. L’insicurezza e le gravi carenze sul fronte infrastrutturale sono tra le principali sfide di una tornata elettorale già più volte rinviate da Kabila e considerata un test importante per il futuro del gigante africano. Il Congo, con le sue importanti risorse del sottosuolo, continua ad essere crocevia di forti interessi economici, sia da parte di aziende multinazionali che di Paesi confinanti come Uganda e Ruanda, così come di potenze esterne al continente.


Nei giorni scorsi a Kinshasa sono andate in fumo 8mila macchinette per il voto elettronico sulle 10mila totali disponibili nella capitale. In cenere, nel giro di una manciata di minuti, sono finite anche molte speranze di vedere calare la tensione nel Paese. Il governo accusa l’opposizione, l’opposizione accusa il governo, in un gioco delle parti che rischia di ammorbare ulteriormente uno scenario già pesantemente sconvolto in diverse regioni dalla violenza, sia a sfondo “politico” che intercomunitario. Domenica gli scontri sono scoppiati nella provincia nord-occidentale di Mai-Ndombe, una zona solitamente tranquilla, tra i gruppi etnici Batende e Banunu riguardo alla sepoltura di un capo degli stessi Banunu. «Abbiamo identificato almeno 120 vittime e 71 feriti», ha riferito Jules Bango, un attivista della città di Yumbi. Un altro attivista ha riferito che le elezioni di domenica (si vota anche per provinciali e legislative) hanno contribuito ad avvelenare il clima tra le due comunità, visto che i leader Batende stanno sostenendo in campagna elettorale il partito al potere mentre i Banunu i rappresentanti dell’opposizione.
Mentre nel Paese è in corso una grave epidemia di ebola, molti osservatori si aspettano che i risultati del voto arrivino tra le accuse di brogli. Martedì il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha esortato tutti i partiti a «respingere la violenza» e ad astenersi da «provocazioni» e «discorsi violenti». «In un ambiente elettorale già teso, sollecito il governo a mandare il chiaro segnale che minacce e violenze contro gli oppositori politici non saranno tollerate», era stato anche l’appello lanciato già da Michelle Bachelet, Alto commissario Onu per i diritti umani.


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