giovedì 27 ottobre 2016
Lo "Stato della stella solitaria" è il bastione repubblicano per eccellenza, ma Clinton può puntare a vincere, anche grazie all'alta affluenza dei latinos e all'ostilità verso Trump.
Hillary Clinton alle prese con un selfie durante un comizio.

Hillary Clinton alle prese con un selfie durante un comizio.

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Hillary Clinton sta sperando nell’insperabile. E detta così sembra ancora facile. Già perché se c’è un’icona rossa nella mappa elettorale americana – laddove il rosso, contrariamente che dalle nostre parti, contraddistingue i conservatori repubblicani e non i progressisti (e blu) democratici – quella è il Texas. Lo “Stato della Stella solitaria” è quanto di più tradizionalmente legato al Grand old party (Gop). In tutte le ultime nove elezioni presidenziali i repubblicani si sono aggiudicati il bottino locale dei grandi elettori, 38, un numero secondo solo a quello della California (55). Basta questo dato per capire quanto conti, il Texas, anche per Donald Trump.

Hillary, però, è convinta di poter fare la Storia anche qui. E spera di poter contare su una “tempesta perfetta” provocata da elementi demografici e più prettamente politici. Il suo assalto a Fort Alamo è iniziato in maniera graduale, ma a mano a mano che le rilevazioni di opinione hanno trasformato anche il Texas in uno Stato “conteso” gli spot della candidata democratica sono aumentati. Al momento la media dei diversi sondaggi calcolata da Real Clear Politics dà il repubblicano ancora avanti, ma con un vantaggio inferiore ormai ai 5 punti. Non solo: due diverse rilevazioni hanno di recente posto avanti di tre punti l’ex segretario di Stato.

FATTORE LATINO

Da una parte Trump sta ignorando e spegnendo l’entusiasmo di molti gruppi elettorali texani tradizionalmente repubblicani, dall’altro con le sue invettive contro i latinos e gli immigrati in generale sta motivando gli elettori di origine ispanica a sostenere ancora di più Hillary Clinton. Tanto che secondo Richard Murray, sondaggista dell’Università di Houston, quest’anno in Texas si sono registrati nelle liste elettorali oltre 1 milione di latinos in più rispetto al 2012. In alcuni seggi è già possibile votare: a Ripley House, posizionato in una zona di Houston a basso reddito e con molti residenti di origine ispanica, l’affluenza di chi sta andando a votare già prima dell’8 novembre è doppia rispetto a quattro anni fa. Ed è presumibile che molti di questi voti siano per la candidata democratica. Tanto che anche la Cnn si è occupata della "novità".

La sola idea che il Texas possa essere considerato uno Stato conteso è un vero e proprio affronto per molti repubblicani. Quattro anni fa il candidato del Gop Mitt Romney superò qui Barack Obama con un margine di 1,3 milioni di voti. Nel 2008 John McCain vinse sullo stesso Obama di 13 punti percentuali, mentre George W. Bush, già governatore locale, conquistò il suo Stato con 23 punti di vantaggio nel 2004 e 22 punti nel 2000. I leader repubblicani texani, tra l’altro, sono anche tra i pochi che continuano a sostenere Trump anche dopo lo scandalo del video con i commenti sessisti del magnate. Il Texas è il cuore del moderno partito repubblicano e la pietra angolare di qualsiasi strategia elettorale di un candidato del Gop alla presidenza. Non a caso è qui che è basata la fetta principale dei donatori del partito. Il messaggio di Trump fondato sui rimpatri di massa degli immigrati e sulla costruzione di un muro al confine con il Messico, però, lo pone in grossa difficoltà. «Questa volta la gara sarà serrata», ammette Brendan Steinhauser, funzionario del Gop di Austin.

STAMPA LOCALE A FAVORE

Per vincere, Clinton dovrebbe riuscire a sfondare nei sobborghi di Dallas e Houston, le aree che hanno formato la base elettorale su cui è riuscito ad emergere in passato George W. Bush. Dalla parte di Hillary si è schierato uno dei principali quotidiani dello Stato, il Dallas Morning News, che in un editoriale ha ricordato di non aver «raccomandato» un candidato democratico alla presidenza per oltre 75 anni. «Ma Trump non riflette gli ideali repubblicani del passato e siamo certi che non dovrebbe riflettere il Gop del futuro», ha scritto ancora il quotidiano.

Di una vittoria comunque «improbabile» di Clinton parla Mark. P. Jones, analista politico del Baker Institute of Rice University a Houston. Certo è che a conquistare i tg locali sono le defezioni di alcuni prominenti repubblicani, come il giudice Lauren Parish, che nei giorni scorsi ha annunciato il passaggio ai democratici perché non riconosce più in quello attuale il Gop di un tempo. Lionel Sosa, vecchio consulente mediatico del Gop un tempo autore di spot per Ronald Reagan, oggi dice che sceglierà Clinton come «voto di protesta». Strano paradosso, considerando che è Trump, a livello nazionale, a presentarsi come il candidato intenzionato a sbaragliare lo status quo.

Di sicuro, quando mancano ormai meno di due settimane al voto, a Hillary basta sapere che la gara, per quanto difficile, anche da queste parti è aperta. L’ex segretario di Stato resta impopolare in diverse zone del Texas: è vista come un simbolo dell’establishment, un politico contrario alle armi e una sostenitrice dell’aborto in uno Stato largamente anti-establishment, pro-armi e anti-abortista. Eppure, al contrario di quanto si potesse immaginare anche solo due mesi fa, è in gioco per abbattere il fortino repubblicano per eccellenza. La “Stella solitaria”, per lei e per l’intero partito democratico, sarebbe una medaglia davvero storica.

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