martedì 23 marzo 2021
E' la prima volta dal 1989 che Bruxelles sanziona Pechino: oggi per le violazioni dei diritti umani nello Xinjiang. Rappresaglia della Cina contro i parlamentari
Un centro «rieducativo» nella regione cinese dello Xinjiang

Un centro «rieducativo» nella regione cinese dello Xinjiang - Reuters

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Tensione alle stelle tra Unione Europea e Cina: i ministri degli Esteri dei Ventisette, riuniti in un consiglio «fisico» a Bruxelles, ieri hanno dato via libera alla raffica di sanzioni per violazioni dei diritti umani contro Cina, Russia, Libia, Corea del Nord, Eritrea e Sud Sudan, in base al nuovo regolamento Ue (il «Magnitsky Act europeo») che consente di colpire chiunque nel mondo commetta violazioni dei diritti umani.

È la prima volta dal 1989 – allora fu dopo il massacro di Tienanmen – che l’Europa sanziona la Cina. Colpite quattro persone e un’entità per «gravi violazioni dei diritti umani» con «l’uso sistematico di lavori forzati» nello Xinjiang, l’estremo occidente cinese, contro la minoranza uigura. Si parla di Chen Mingguo, direttore dell’ufficio di pubblica sicurezza dello Xinjiang, i due alti funzionari Wang Mingshan e Wang Junzheng, l’ex vice-segretario del partito nello Xinjan Zhu Hailun, e l’Xpcc, l’organismo responsabile della gestione dei campi di prigionia. A ruota sono seguite analoghe sanzioni anche da parte di Usa, Canada e Regno Unito.

Pechino, che aveva messo in guardia Bruxelles, per rappresaglia ha immediatamente varato sue sanzioni contro l’Ue, colpendo 10 persone, tra cui vari parlamentari europei e nazionali e 4 istituti, definendo la decisione europea «basata su nient’altro che bugie e disinformazione » e chiedendo a Bruxelles di «correggere il suo errore». Il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli e l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell hanno definito «inaccettabile » la rappresaglia cinese. «Vogliamo – ha detto Borrell – che la Cina si impegni sul tema dei diritti umani e smetta di essere conflittuale». La questione arriverà anche sul tavolo dei leader dei Ventisette che giovedì e venerdì si riuniscono in video conferenza. Vari diplomatici Ue ritengono che Pechino non voglia rompere con l’Ue, e che i contatti proseguiranno. Del resto l’Europa ha evitato di colpire il funzionario di più alto grado nello Xinjiang, Chen Quanguo, che è nella lista nera Usa. E per ora non ci sono misure contro Pechino su Hong Kong: Bruxelles aspetta l’attuazione della legge che limita l’autonomia dell’ex colonia britannica.

Varate anche sanzioni contro 11 nomi birmani, per la sempre più cruenta repressione delle proteste in Myanmar. Allo stato, già 250 persone sono state uccise dai militari nel Paese del Sud est asiatico, 2.665 gli arrestati. Tra i sanzionati anche il presidente ad interim, il generale Myint Swe, Soe Win, vice comandante in capo delle Forze armate, e Thein Soe, nominato presidente della commissione elettorale dalla giunta. L’Ue punta a colpire società che forniscono sostegno finanziario alle Forze armate birmane. «Non vogliamo punire il popolo del Myanmar – ha sottolineato il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas – ma solo coloro che platealmente violano i diritti umani».

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