domenica 13 gennaio 2019
Il miliardario Ivanishvili ha individuato nell'export di cannabis il prossimo business da sviluppare. Ha un enorme potere politico, ma deve fare i conti con la resistenza delle autorità religiose
Bidzina Ivanishvili, oligarca ed ex primo ministro della Georgia, presidente di Sogno Georgiano (Ifact Ge, https://flic.kr/p/HHbdvW)

Bidzina Ivanishvili, oligarca ed ex primo ministro della Georgia, presidente di Sogno Georgiano (Ifact Ge, https://flic.kr/p/HHbdvW)

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La villa di Bidzina Ivanishvili, a ridosso del parco botanico di Tbilisi, è l’abitazione adatta a un uomo il cui patrimonio vale poco meno di un terzo del Prodotto interno lordo del suo Paese. Concepita dall’archistar giapponese Shin Takamatsu e completata nel 2008, questa costruzione da 10mila metri quadri, tutta vetro e metallo, sembra una stazione spaziale atterrata sui colli della capitale georgiana. Il pezzo forte è il bar privato di Ivanishvili, circondato dalla grande sfera rotante che sovrasta la piscina circolare all’interno di un’enorme torre di vetro. Da lì si possono ammirare alcuni pezzi della collezione d’arte dell’oligarca, valutata più di un miliardo di dollari, che comprende oltre a tele di Jeff Koons ed Egon Schiele, anche la Dora Maar con Gatto di Pablo Picasso, quadro che Ivanishvili ha conquistato a una pazzesca asta di Sotheby’s del 2006 sborsando 95 milioni di dollari. Ed è forse durante una meditazione nel bar futuristico dentro la sfera rotante che a Ivanishvili è venuta l’idea su come moltiplicare il patrimonio, arrivato a 4,6 miliardi di dollari secondo la classifica dei miliardari mondiali stilata ogni anno da Forbes: fare della povera Georgia una grande piantagione di cannabis da esportare in tutto il mondo.

La Georgia è povera davvero. La terra che ha dato i natali a Iosif Stalin è stata coccolata da Mosca negli anni dell’Unione Sovietica, ma è entrata in un inesorabile declino dopo la fine del regime. Ha poco da offrire all’economia internazionale: esporta la pregiata acqua minerale Borjomi, nocciole, cereali. Il georgiano medio guadagna sui mille lari al mese, vale a dire poco più di 300 euro. Il grosso delle entrate del governo sono i diritti che incassa da Stati stranieri per il passaggio dei grandi gasdotti che dal Mar Caspio portano il metano in Europa. Il Pil pro capite, a 4.085 dollari, è il 109° al mondo, appena sopra quello dello Sri Lanka e sotto la Giordania.

In un contesto di disperante povertà, Ivanishvili ha provato a fare passare per legge la legalizzazione della coltivazione di cannabis per la lavorazione e l’esportazione a fini farmaceutici. I suoi nemici, come l’ex presidente Mikhail Saakashvili, sostengono che l’idea gli è venuta dopo che suo cugino, il magnate Ucha Mamatsashvili, gli ha portato dagli Stati Uniti specialisti della cannabis che gli hanno spiegato l’enorme potenzialità del mercato nordamericano della marijuana libera. Sta di fatto che per il 63enne oligarca Ivanishvili fare pressione sul governo non è affatto difficile. Nel 2013 è stato per 13 mesi anche primo ministro e ora è presidente del partito di maggioranza, Sogno Georgiano, che è quasi una sua proprietà.

Il contesto sembrava favorevole: con una serie di sentenze negli ultimi due anni la Corte Costituzionale georgiana ha prima depenalizzato il consumo di cannabis e poi ha cancellato anche tutte le multe amministrative per chi ne fa uso. Il racconto della marijuana come via per portare la Georgia fuori dalla miseria pareva efficace. «Perché non dovremmo sfruttare questa opportunità di eliminare la povertà nel giro di otto-dieci anni? », chiedeva il presidente del Parlamento, Irakli Kobakhidze. «L’Organizzazione mondiale della sanità prevede che per il 2025 il giro d’affari della produzione di marijuana a scopi medici raddoppierà da 25 a 50 miliardi di dollari. Se anche solo l’1% del mercato mondiale fosse soddisfatto dalla Georgia, sarebbe una grande crescita per noi» prospettava il ministro delle Finanze.

I piani dell’oligarca si sono però scontrati con l’opposizione delle autorità religiose. Soprattutto con quelle della Chiesa ortodossa, molto influente in un Paese in cui gli ortodossi sono più dell’85% della popolazione, molti più dei musulmani (circa il 10%) e dei cattolici (attorno all’1%). «Il governo si prenda le sue responsabilità. Ricordatevi che è pericoloso. Perché i tossicodipendenti da altre nazioni verranno qui e approfitteranno di questa libertà. Questo aumenterà la tossicodipendenza in Georgia» ha avvertito il patriarca Elia II in un sermone di metà settembre. Il giorno stesso centinaia di persone guidate dai preti ortodossi hanno protestato davanti alla sede del governo.

Il governo ha provato a rassicurare la popolazione e resistere per assecondare il progetto dell’oligarca. Finché a fine ottobre al primo turno delle presidenziali la sua candidata Salome Zurabishvili, che era data per vincente, ha ottenuto un magrissimo vantaggio sul rivale Grigol Vashadze. È a quel punto che i dirigenti di Sogno Georgiano hanno capito che forse non era il caso di sfidare la Chiesa e il popolo. A inizio novembre, a tre settimane dal secondo turno delle presidenziali, la proposta di legge è stata ritirata. Zurabishvili ha preso il 60% ed è diventata la prima donna presidente della Georgia. La legge sulla marijuana è tornata nel cassetto.

Presto però il progetto di Ivanishvili potrebbe tornare in auge. L’agenzia InterPress ha raccontato che il 4 gennaio, alla prima riunione generale di Sogno Georgiano dopo il voto, l’oligarca invece di complimentarsi con i colleghi del suo partito per la vittoria elettorale si è lamentato per la resa alla Chiesa sull’esportazione di marijuana. «Ho lavorato due anni su questa faccenda e il Paese così ci ha perso un sacco di soldi» avrebbe detto Ivanishvili, probabilmente più preoccupato del naufragio dei suoi piani di business che delle difficoltà economiche del georgiano medio.

Uomo d’affari scaltro nato povero e diventato miliardario conquistando a prezzi stracciati ex aziende di Stato negli anni della disgregazione dell’Unione Sovietica, Ivanishvili sa benissimo che con l’ondata di legalizzazione del consumo di cannabis partita dal Nordamerica ci sarà presto un’altra nazione povera pronta a proporsi come grande piantagione di marijuana per il resto del mondo. Questa battaglia triste dell’economia globalizzata della droga legale è solo all’inizio.

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