giovedì 25 maggio 2017
Il presidente aveva mobilitato le forze armate per difendere i Palazzi del governo dalle violente manifestazioni scoppiate nella capitale. Poi il dietrofront. Presentata la richiesta di impeachment
La grande protesta di mercoledì nella capitale federale Brasilia (Foto Ansa)

La grande protesta di mercoledì nella capitale federale Brasilia (Foto Ansa)

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<+FILO_TESTA><+FIRMA_TESTA>Lucia Capuzzi
<+CAP3A>I<+SPZ3A><+TONDOA> militari sono rimasti nel “cuore” di Brasilia – la Esplanada del Planalto – per meno di ventiquattro ore. Un tempo sufficiente, comunque, a scatenare un coro di critiche bipartisan. E per dare un’ulteriore spallata al governo del presidente Michel Temer, già in bilico. La mossa a sorpresa del leader per contenere le proteste si è rivelata, così, un boomerang. Tanto che Temer è stato costretto a un rapido dietrofront. Ieri l’esecutivo ha richiamato le Forze armate nelle caserme con un’edizione speciale della Gazzetta ufficiale. Lo stesso sistema impiegato il giorno prima per schierarle. Un tentativo estremo di frenare l’ondata di rabbia popolare che mercoledì aveva portato decine di migliaia di persone – 150mila secondo gli organizzatori, 45mila per le autorità – ad “occupare” il centro della capitale brasiliana. Il maxi-corteo era stato convocato dai sindacati e dai movimenti popolari per protestare contro le controverse riforme dello stato sociale e delle pensioni.


Nonché per chiedere le dimissioni del presidente, nell’occhio del ciclone per lo scandalo Lava Jato. La settimana scorsa, sono spuntate le intercettazioni di varie conversazioni in cui Temer cerca di comprare il silenzio sulle proprie responsabilità nel giro di tangenti che ha decapitato i vertici dei partiti brasiliani. Le registrazioni – pubblicate dal quotidiano O Globo – hanno provocato una valanga politica: non solo l’opposizione bensì pure una parte della maggioranza ha domandato al presidente di farsi da parte. L’ennesima crisi ha infiammato la piazza. Mercoledì sono stati organizzati cortei in tutto il Paese. A Brasilia la manifestazione è cominciata in modo pacifico. Poi, quando i dimostranti sono arrivati all’Esplanada – in cui sono situati i ministeri e la sede del governo – alcuni gruppi radicali si sono staccati. Il centro nevralgico della metropoli si è trasformato in un campo di battaglia. I dimostranti hanno costruito barricate rudimentali e lanciato pietre contro gli agenti. Alcuni sono riusciti ad entrare nei ministeri e a vandalizzarli: il piano terra del dicastero dell’Agricoltura è stato addirittura incendiato. La polizia, a sua volta, ha risposto con proiettili di gomme e lacrimogeni. Un video, diffuso da O Globo, mostra, inoltre, gli agenti sparare ad altezza d’uomo. Il bilancio, dopo ore di scontri, è stato di 49 feriti e otto arrestati. Nel mezzo del caos, Temer ha annunciato il dispiegamento delle Forze armate per mantenere «l’ordine e la sicurezza». Non accadeva dai tempi dell’ultima dittatura, terminata nel 1985. È vero che, durante i Mondiali e gli scioperi della polizia a Rio, l’esercito era stato chiamato a garantire l’ordine pubblico.
Si era trattato, però, di interventi eccezionali e mai nella capitale, specie per “contenere un corteo”. Consapevole di possibili recriminazioni, il presidente ha scaricato la responsabilità sul leader della Camera, Rodrigo Maia. La smentita di quest’ultimo non ha fatto che aumentare la tensione. Perfino la Corte suprema ha criticato la misura, definita estrema. Alla fine, il capo dello Stato ha ceduto. La crisi, però, è tutt’altro che superata. Il governo Temer ha raggiunto il record negativo di consensi: appena il 5 per cento della popolazione lo approva, secondo l’ultimo sondaggio di A Folha de São Paulo. L’eventualità di un nuovo impeachment – dopo quello di Dilma Rousseff, rimossa il 31 agosto per aver ritoccato il bilancio in modo da favorire la propria rielezione – si fa giorno dopo giorno più concreta.


L’Ordine degli avvocati ha presentato, ieri, richiesta formale al Parlamento. Ci vorranno mesi per arrivare a una decisione. Sempre che il presidente non lasci prima. All’interno della maggioranza, tanti premono per un suo passo indietro. In questo caso – data l’assenza di un vice –, verrebbe sostituito mediante elezione indiretta del Parlamento. L’ipotesi preoccupa l’opposizione: il cambio della guardia non muterebbe l’indirizzo del governo sui temi caldi: privatizzazioni e tagli. Da qui la richiesta di anticipare le presidenziali, in programma nel 2018. Proprio sulla proposta di voto diretto, i parlamentari si sono scontrati mercoledì, in Aula con una veemenza simile a quella dei manifestanti fuori. La seduta è stata sospesa ma le parti sono pronte a tornare alla carica. L’aumento della temperatura politica rischia di esacerbare la piazza, già esasperata. Ieri, un allarme bomba ha costretto le autorità ad evacuare in tutta fretta il ministero del Lavoro.


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