sabato 27 febbraio 2021
Il presidente Usa, Joe Biden, telefona a re Salman dopo la desecretazione del dossier, "nascosto" da Trump, che mette sotto accusa l'erede al trono per il delitto avvenuto in Turchia
Manifestazione in Turchia per ricordare il giornalista saudita Jamal Khashoggi sequestrato e barbaramente ucciso nel consolato dell'Arabia Saudita a Istanbul

Manifestazione in Turchia per ricordare il giornalista saudita Jamal Khashoggi sequestrato e barbaramente ucciso nel consolato dell'Arabia Saudita a Istanbul - Reuters

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Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (MbS) considerava il giornalista dissidente Jamal Khashoggi una minaccia. Per questo approvò e probabilmente ordinò un’operazione per «catturare o uccidere» il reporter.

È duro nei confronti di MbS il rapporto dell’intelligence Usa sull’uccisione del giornalista saudita, assassinato nel consolato saudita di Istanbul nel 2018. Il documento, declassificato ieri, all’indomani della telefonata tra Joe Biden e il re saudita Salman, conferma le anticipazioni già diffuse nei giorni scorsi, elencando 21 persone che gli 007 americani ritengono responsabili della morte del giornalista, per conto di MbS.

«Basiamo questa valutazione sul controllo del principe saudita sul processo decisionale nel regno, sul diretto coinvolgimento di un consigliere chiave e di membri della cerchia di Muhammad bin Salman nell’operazione, sul sostegno del principe ereditario all’uso di misure violente per silenziare il dissenso all’estero, incluso Khashoggi», scrive l’intelligence. Sanzioni Usa, come il ritiro e le restrizioni sui visti, saranno dirette nei confronti di 76 persone.

Nella telefonata con il re Salman (padre di MbS) di giovedì sera, Biden non ha citato espressamente l’omicidio Khashoggi, ma in un passaggio si è soffermato sul sostegno Usa al rispetto dei diritti umani, una questione di certo casuale.

Il presidente Usa, nel corso del colloquio, ha peraltro «notato in modo positivo il rilascio di attivisti sauditi-americani e di Loujain al-Hathloul», dopo oltre mille giorni in carcere. In un mese dal suo arrivo alla Casa Bianca, Biden ha annunciato il ritiro del sostegno americano all’offensiva militare della coalizione a guida saudita in Yemen, comprese le vendite rilevanti di armamenti, e ha di fatto bypassato il principe ereditario.

Tagliare i rapporti con la monarchia del Golfo non è nelle intenzione del presidente Usa, che intende però «ricalibrare le relazioni con Riad» dopo il quadriennio Trump. L’Arabia Saudita, come è stato diplomaticamente sottolineato durante i colloquio tra i due capi di Stato, è uno dei principali alleati degli Stati Uniti in Medio Oriente.

Biden e re Salman, ha evidenziato la Casa Bianca, «hanno discusso della sicurezza nella regione, compreso del rinnovato sforzo diplomatico guidato dalle Nazioni Unite e dagli Stati Uniti per porre fine alla guerra nello Yemen e dall’impegno statunitense ad aiutare l’Arabia Saudita a difendere il proprio territorio da gruppi iraniani allineati». Biden ha poi detto al re Salman di voler «lavorare per rendere le relazioni forti e trasparenti quanto più possibile. I due leader hanno riconosciuto la storica natura delle relazioni e concordato di lavorare insieme su questioni di mutuo interesse o preoccupazione».

Un linguaggio moderato dietro al quale però si nascondono le frizioni, prima tra tutte quella legata al possibile rientro di Washington nell’accordo sul nucleare iraniano e, quindi, al ruolo nella regione del regime degli ayatollah, rivali dei sauditi. Per l’analista Dennis Ross, con il rapporto su Khashoggi Biden vuole anche mandare un messaggio al Congresso, per rispondere al risentimento nei confronti di Riad cresciuto negli ultimi anni, e al contempo anche all’Arabia Saudita.

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