mercoledì 4 gennaio 2023
Il premier si era detto intenzionato a mantenere lo status quo, ma non è riuscito a fermare la provocazione del leader dell’estrema destra e ministro della Sicurezza. Altolà degli Usa
Itamar Ben-Gvir, leader dell'estrema destra israeliana e ministro della Sicurezza

Itamar Ben-Gvir, leader dell'estrema destra israeliana e ministro della Sicurezza - Reuters

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A soli cinque giorni dalla formazione del nuovo esecutivo, il premier israeliano Benjamin Netanyahu si trova già in serie difficoltà. Ieri mattina, in occasione di una ricorrenza ebraica, Itamar Ben-Gvir, leader del partito di estrema destra Sionismo religioso e neo ministro della Sicurezza nazionale, ha visitato, senza alcun preavviso, la Spianata delle Moschee – il Monte del Tempio per gli ebrei. «È il luogo più importante per il popolo ebraico. Manterremo la libertà di movimento per musulmani e cristiani, ma vi accederanno anche gli ebrei – ha commentato il ministro –, e alle minacce di Hamas risponderemo con il pugno di ferro».

Immediata la risposta dell'Autorità nazionale palestinese, che ha definito la visita «una provocazione che porterà a maggiori tensioni e violenze», ha dichiarato il portavoce Nabil Abu Rudeineh, sottolineando che il gesto «rappresenta una sfida al popolo palestinese» e definendo il governo israeliano responsabile di probabili ripercussioni sul fronte della sicurezza.

Da Gaza, il portavoce di Hamas Hazem Qassem ha definito l’atto una «prova di arroganza di un governo di coloni fascisti». Secondo diversi media israeliani, a causa di questa maldestra iniziativa l’esercito si starebbe già preparando ai lanci di razzi provenienti dalla Striscia e a «reagire di conseguenza», se necessario. L’azione ha avuto conseguenze significative anche sul fronte della diplomazia. Per la Giordania, la cui famiglia reale è custode dei luoghi santi di Gerusalemme, la visita di Ben-Gvir è stata una «violazione del diritto internazionale», e il portavoce Amman Sinan Majali ha chiesto alla Comunità internazionale di «intraprendere azioni rapide e decisive verso Israele».

Una delle conseguenze più immediate dell’accaduto è che il viaggio diplomatico del primo ministro israeliano Netanyahu negli Emirati, previsto per la prossima settimana, è stato rimandato. Anche Abu Dhabi, infatti, ha condannato l’esecutivo israeliano per aver permesso la visita al sito e ha ribadito la sua «ferma posizione a tutela della moschea di Al-Aqsa», esortando Israele «ad assumersi le proprie responsabilità per evitare un’escalation di instabilità nella regione».

«Le azioni che possono minacciare l’ordine nei luoghi sacri di Gerusalemme sono inaccettabili», ha dichiarato l’ambasciata degli Stati Uniti in Israele. Un portavoce della rappresentanza ha sottolineato che l’ambasciatore Tom Nides «è stato molto chiaro sul mantenimento dello status quo».

Netanyahu ha ribadito ieri di essere fermamente impegnato a mantenere la stabilità sul Monte del Tempio. E ha detto di non temere affatto le minacce di Hamas. Ma a meno di una settimana dal giuramento, si trova già tra le mani una pericolosa “bomba” da disinnescare.

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