mercoledì 28 maggio 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
Sparita. Alla quarta data prevista per l’avvio del processo di appello, dopo tre precedenti rinvii da febbraio, la vicenda di Asia Bibi ha avuto ieri una svolta imprevista. Semplicemente, il nome della donna cattolica, madre di cinque figli e in carcere dal giugno 2009, è scomparso dall’elenco dei casi in udienza ieri.Nei casi precedenti, erano state assenze di giudici o questione procedurali a impedire l’inizio dell’appello atteso dopo la condanna a morte per blasfemia in primo grado l’8 novembre 2010. In questa occasione, neppure gli avvocati del collegio difensivo della donna sanno dare una spiegazione. A confermarlo Naeem Shakir, uno dei legali che difendono Asia Bibi. «Il caso era nella lista delle udienze previste per oggi – ha fatto sapere ieri all’agenzia Fides – poi è sparito all’improvviso. Non sappiamo perché».Ovviamente i difensori hanno chiesto all’amministrazione dell’Alta Corte di Lahore la motivazione ufficiale di una situazione che apre ulteriori incognite in una vicenda lunga e sofferta, ma che alimenta anche l’insicurezza della comunità cristiana davanti a una legge che sembra non volere arrivare a fare giustizia. «A questo punto non sappiamo quando e se il caso sarà esaminato» spiegano gli avvocati.L’ipotesi più probabile è che ancor una volta i magistrati non vogliano correre il rischio di un giudizio che li esporrebbe – in caso di assoluzione – a ritorsioni degli estremisti religiosi. Non un’ipotesi, dato che nel passato altri giudici sono già rimasti vittime di una sentenza non considerata adeguata dai radicali. Ora ai legali toccherà ancora una volta comunicare ad Asia Bibi nel carcere femminile di Multan in cui è rinchiusa l’ennesima svolta negativa del suo lungo percorso legale. Solo all’inizio di quest’anno, infatti, la sua vicenda sembrava finalmente avviata a una conclusione che per i legali – ma anche considerando i molti casi di blasfemia finora giudicati – potrebbe arrivare a un giudizio positivo. Ad aver segnato gli ultimi cinque anni della vita di Asia Bibi sono state le accuse di un religioso locale in base alle quali la donna è stata processata e condannata per aver insultato il profeta Maometto secondo l’articolo 295c del Codice Penale, uno di quelli che vanno cumulativamente vanno sotto il nome di “legge antiblasfemia” in vigore dal 1986. Diventata simbolo degli abusi della legge piegata alle strumentalizzazioni della politica e alle esigenze dell’islamismo radicale, Asia Bibi non vive solo la sofferenza del carcerato e la distanza dalla famiglia, ma anche la pressione fondamentalista che mette a rischio la sua vita anche tra le mura del carcere e potrebbe segnarla anche in caso di sentenza assolutoria. Sul suo capo pesa anche la taglia di 500mila rupie (circa 4.300 euro) posta da un imam della città di Peshawar.Secondo un rapporto della Commissione Usa per la libertà internazionale di religione, attualmente sono 14 i pachistani condannati a morte per blasfemia, e 19 quelli che stanno scontando una condanna all’ergastolo. Oltre a Asia Bibi, ad attendere il processo d’appello è il giovane Sawan Masih, condannato a morte in prima istanza il 28 marzo.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: