sabato 6 agosto 2022
La battaglia legale al Royal London Hospital è persa, il giudice ha negato il trasferimento all'hospice chiesto dalla famiglia
Archie Battersbee, 12 anni, è in coma dal 7 aprile

Archie Battersbee, 12 anni, è in coma dal 7 aprile - Ansa/Fb

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La famiglia di Archie comunica che stamani alle 11 italiane saranno rimossi i supporti vitali e chiede di pregare "per chiunque sia coinvolto in questo momento". Dall'ospedale nessun commento.

Il vescovo John Sherrington, ausiliare della diocesi di Westminster e responsabile per le questioni della vita per la Conferenza episcopale cattolica di Inghilterra e Galles, dichiara: "Dal momento in cui viene sospeso il suo sostegno vitale", ogni passo deve essere compiuto riconoscendo "la dignità intrinseca di persona creata a immagine e somiglianza di Dio". È importante assicurare "un processo di accompagnamento compassionevole di Archie e dei suoi genitori in questo momento in cui si dicono addio". "Assicuro ai genitori e alla famiglia di Archie Battersbee, così come a tutti coloro che si prendono cura di lui e a tutti coloro che sono preoccupati per il suo bene, delle mie preghiere in questo momento doloroso". "Gli argomenti recentemente combattuti nei tribunali sul trattamento e l'assistenza in corso di Archie - osserva il vescovo, citato dal Sir - evidenziano ancora una volta la necessità di trovare modi migliori di mediazione attraverso i quali genitori e operatori sanitari possano raggiungere accordi comuni ed evitare complessi procedimenti legali. Sebbene la Chiesa cattolica riconosca che ci sono situazioni in cui le cure mediche per sostenere la vita non sono più obbligatorie se non c'è speranza di guarigione, dovrebbero essere fornite cure e trattamenti ordinari adeguati alle condizioni del paziente".

La decisione del tribunale. Archie, 12 anni, privo di conoscenza da aprile

Archie Battersbee, 12 anni, deve morire in ospedale. Lo stesso, il Royal London Hospital, che lo ha in cura da aprile per gravissimi danni cerebrali ma che ha ottenuto per via giudiziaria l’autorizzazione alla sospensione dei trattamenti. Lo ha deciso ieri l’Alta Corte di Londra respingendo anche l’ultima istanza della famiglia che, invece, si batte per tenerlo in vita e che chiede di lasciare, per lo meno, che il piccolo si spenga nella privacy di un hospice vicino casa.

Secondo il giudice Lucy Theis il trasferimento del bambino nella struttura dell’Essex indicata dai genitori come luogo per dirgli addio, non è «nel suo migliore interesse» perché le sue condizioni sono di «crescente fragilità». La mamma, Hollie Dance, protagonista con il marito Paul della battaglia legale combattuta insieme all’associazione “Christian Concern”, non si è arresa. Dopo essersi vista respingere un nuovo ricorso al tribunale di Appello, ieri è tornata a chiedere un pronunciamento della Corte Europea per i diritti dell’uomo.

Lo scorso 7 aprile, lo ricordiamo, Archie è stato trovato privo di conoscenza, con una corda attorno al collo, nella sua casa a Southend. Vittima probabile di una “blackout challenge”, pericolosa prova di resistenza alla mancanza di ossigeno che circola sui social. Trasferito in ospedale a Londra è attaccato a un ventilatore meccanico che gli consente di respirare.

Il suo caso è arrivato in tribunale quando i medici, sospettandone la morte cerebrale, poi confermata da una risonanza magnetica, hanno chiesto l’autorizzazione a staccargli la spina. Mossa che la famiglia ha sempre contestato perché convita che il piccolo avesse bisogno di tempo per recuperare. L’interruzione delle cure è stata però avvallata da due sentenze di primo e secondo grado. Secondo gli avvocati i magistrati non hanno dato il «giusto peso» ai desideri della famiglia. Ma il ricorso è stato respinto dai tribunali di grado superiore.

La Corte per i diritti dell’uomo di Strasburgo, mercoledì, ha scelto di non «interferire» con la giustizia britannica. Scarse le possibilità che intervenga, adesso, ad autorizzare il trasferimento nell’hospice. «Continuiamo a pregare», commenta un’amica di famiglia nell’atrio dell’ospedale. «Come rassegnarsi – tuona – se sono arrivate offerte di cura per Archie dal Giappone e dall’Italia?». Il pensiero va a Tafida Raqeeb, la bimba condannata nel 2019 alla stessa morte, nella stessa struttura, trasferita al Gaslini di Genova.

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