martedì 30 agosto 2022
Il governatore filorusso: «L’Ucraina è nata nel ’31 da Lenin, prima non esisteva». «Se volete parlare ucraino, potete farlo altrove, non qui». E gli insegnanti che obiettano spariscono
Il corridoio di una scuola media a Kharkiv devastata dagli attacchi delle truppe russe: molto edifici sono stati risistemati per consentire le lezioni

Il corridoio di una scuola media a Kharkiv devastata dagli attacchi delle truppe russe: molto edifici sono stati risistemati per consentire le lezioni - Ansa

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«Il sistema di istruzione è stato devastato. Gli edifici scolastici sono stati presi di mira o utilizzati dalle parti, con il risultato che le famiglie non si sentono sicure di mandare i propri figli a scuola». La nota dell’Unicef spiega con quale spirito l’Ucraina si appresta a far ripartire dal primo settembre l’anno scolastico. E in quali condizioni. «In media una scuola su 10 – precisa l’agenzia Onu per l’infanzia – risulta danneggiata o distrutta». Sulla carta sono 6 milioni i minori in età scolare che dovrebbero rientrare nelle classi, ma molti sono sfollati e solo nei prossimi giorni il governo potrà fornire una stima sugli ingressi effettivi nelle scuole. Quasi 2.300 istituzioni educative sono state bombardate dall’inizio dell’invasione russa e 286 sono state completamente distrutte, secondo il Ministero dell’Istruzione. Su circa 26 mila strutture educative, il ministero dell’Interno ha rilevato che solo il 41% dispone dei rifugi antiaerei. I pericoli maggiori si corrono nel Donbass e nelle regioni contese.

Al Sud, nel distretto di Mykolaiv, dove le forze russe hanno recentemente intensificato i bombardamenti, solo il 16% dei plessi dispone di rifugi. A meno di 50 chilometri il governatore russo di Kherson, chiarisce come dovranno andare le cose: «Le scuole dovranno riaprire e il programma didattico lo decido io». Punto primo del nuovo insegnamento: «L’Ucraina è nata nel 1931 da Lenin, prima non esisteva nessuna Ucraina». Punto secondo: «Se volete parlare ucraino potete farlo in Spagna, in Italia, in Polonia, ma non qui». Viktoria, che insegnava Letteratura ucraina alle medie, è riuscita a fuggire.

Non senza rischi, ha registrato di nascosto una riunione tra il corpo docente e il nuovo governatore: 40 minuti di minacce e intimidazioni. Quando alcuni insegnanti obiettano, il delegato in veste da provveditore agli studi chiarisce: «Se non vi sta bene, potete rifiutarvi. Vi porteremo a fare gli operai nella ricostruzione di Mariupol, la città che voi ucraini avete distrutto». Tre giorni dopo buona parte degli insegnanti erano già profughi. Altri sono rimasti perché devono assistere parenti anziani o figli disabili. E dovranno adattarsi alla nuova dottrina.

La preside, piuttosto riottosa davanti al piano formativo, è stata mandata in pensione. Di lei non si hanno più notizie. Grazie alla registrazione rubata ascoltiamo le voci concitate di altri insegnanti che provano, chi con fermezza chi con la voce che trema, a trovare un punto d’incontro, per non lasciare gli studenti senza docenti e abbandonati a una didattica falsificata. «Voi non avete rispetto dei vostri bambini – li rimprovera il governatore –. Non conoscete la vostra storia. Dovete studiare nuovamente. Io sono qui per sostenere la verità, perché la vostra é sbagliata».

Tante famiglie ucraine hanno già fatto sapere che a queste condizioni non manderanno i figli a scuola nelle regioni occupate. Il decalogo dell’invasore viene ripe- tuto ossessivamente. Vietato l’uso della lingua ucraina, viene introdotta anche la possibilità di interpretare la storia secondo secondo la “Nuova cronologia” elaborata da Anatolij Fomenko, lo studioso russo (con un certo seguito anche in Italia) i cui testi vengono incoraggiati dal Cremlino.

A suo dire il passato come la conosciamo si basa su una serie di errori, compresa la nascita e l’identificazione di Cristo, che secondo queste teorie sarebbe un’altra persona, probabilmente nata in Crimea. Le voci che ascoltiamo alternano paura a slancio, specie quando i docenti capiscono che il governatore vuole aprire le scuole nella prima settimana di settembre e mostrare a Mosca di non essere in ritardo sulla tabella di marcia verso la completa russificazione: «Se non accetterete di insegnare in russo e secondo i nuovi programmi, allora dovrete subito andare via: le donne lasceranno Kherson, gli insegnanti maschi verranno invece portati nell’esercito e dovranno servire le forze russe ». A chi non vuole comprendere «la forza unificante e la superiorità della cultura russa», fa l’esempio del Daghestan, «che ha 36 etnie e ha accettato di ricostruire la propria identità sulla lingua russa».

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