mercoledì 29 dicembre 2021
Covid e tagli ai programmi sociali hanno fatto rispuntare nel Gigante una piaga sconfitta all'inizio del millennio. Triste record nel Maranhão. Ad Açailandia, la raccolta fai da te di José Albino
Il quartiere-baraccopoli di Piquiá de Baixo

Il quartiere-baraccopoli di Piquiá de Baixo

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Le sferzate di pioggia amazzonica non fermano la processione spontanea. Donne, giovani e anziane, ma anche qualche uomo, percorrono stoicamente le strade di Piquiá. Quelle asfaltate come gli ampi sterrati rosso-ferro, il minerale simbolo di questa parte di Maranhão che congiunge la più grande e sfruttata miniera a cielo aperto del mondo – Serra do Carajás – con il porto atlantico di São Luis. Il diluvio – improvviso e insieme atteso nella stagione umida – ha aperto sul tragitto laghi ampi e poco profondi. I piedi, mal coperti dalle infradito, li guadano con decisione nella salita dalla parte bassa, Piquiá de Baixo, dove la baraccopoli soffoca per il fumo siderurgiche, verso il “quartiere alto”, Piquiá da Cima. La casa che José Albino dos Santos Silva condivide con la moglie è la destinazione del via vai. Una dopo l’altra le persone entrano e, dopo qualche minuto, escono con un pacco avvolto in carta gialla.
Per uno che va via, un altro arriva. L’ampio patio della casa, con la tettoia spiovente e le mattonelle nere, è stato trasformato da giorni in un centro di distribuzione fai da te. «Almeno per le feste non volevamo lasciare nessuno a mani vuote. Le necessità sono così tante...», racconta José Albino, da sempre impegnato come ministro dell’Eucarestia e catechista nella cappella del Rosario, parte della parrocchia di Santa Luzía, affidata ai missionari comboniani. Proprio nell’ambito di questa attività, ha notato, da qualche tempo, un aumento vertiginoso delle persone che si recavano in chiesa per chiedere generi di prima necessità. «Prima accadeva di rado. C’erano alcune famiglie povere a cui davamo una mano... Ora, ogni giorno, ci sono quattro o cinque richieste. Molti quasi si scusano, dicono: “È che non ho proprio più niente, nemmeno il caffè...”». Finiti i magri fondi della parrocchia, José Albino ha iniziato a comprare i viveri di tasca propria: chi aveva necessità andava direttamente a casa sua. Le richieste erano, però, troppe. Dalla fine di novembre, così, il pensionato ha bussato di sua iniziativa alle porte di negozi, supermercati, imprese piccole e grandi di Piquiá e del resto del municipio di Açailandia, domandando cibo da distribuire tra Natale e Capodanno. «Tanti ci hanno aiutato. Ma non è facile. Molti che prima stavano bene ora non hanno nemmeno più da mangiare per loro». È una lotta impari quella contro la fame. Una fame che il Brasile credeva di aver saziato all’inizio del millennio quando l’Onu l’aveva cancellato dalla “lista nera” nel 2003 grazie a una serie di programmi sociali modello, in primis “Bolsa familia”, che avevano garantito cibo a sufficienza al 77 per cento delle famiglie. Un inedito nella storia del Gigante. Poi sono arrivati, seppur in ritardo, gli effetti della grande recessione del 2008. E – come sottolineano la sociologa Letícia Bartholo e l’economista Mario Almeida – i tagli draconiani decisi dai governi di Michel Temer e Jair Bolsonaro che hanno, nell’ordine, eliminato il ministero per lo Sviluppo agrario, i Programmi alimentari nazionale e scolastico, il Consiglio sulla sicurezza alimentare. In ultimo si è aggiunto il Covid. Risultato: le persone alla fame sono schizzate a quota 19 milioni nel 2020, l’84 per cento in più rispetto a due anni prima. I brasiliani che, in vari gradi, non mangiano a sufficienza sono 116 milioni, il 56 per cento della popolazione.
Nell’Amazzonia ricchissima di risorse, in particolare in Nord-Est, da sempre ai margini dello sviluppo nazionale, la povertà è “l’altra pandemia”. In Maranhão, oltre il 14 per cento della popolazione è in miseria estrema: il record. «Qui, tantissimi sono lavoratori informali, i più colpiti dalla riduzione della mobilità per arginare il contagio. Con gli aiuti falcidiati, non ce la fanno a sopravvivere». Bolsa familia ormai sostiene chi ha un reddito inferiore ai 178 reais, circa 27 euro. Ma l’inflazione galoppa: +10,25 per cento nel 2020. «Un pacco di riso costa tra i 20 e i 40 reais, prima non arrivava a 8... Non possiamo, però, arrenderci al fatto che una parte crescente dei nostri concittadini resti a stomaco vuoto. Per questo, dopo l’Epifania ricomincerò a bussare alle porte di vicini, conoscenti, estranei. Solo insieme possiamo farcela».

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