venerdì 10 maggio 2013
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In un Paese come il Malawi in cui i morti per Hiv, malaria e altre malattie sono decine di migliaia ogni anno, in cui i farmaci, seppur gratuiti, sono perennemente distribuiti in ritardo, in cui le condizioni ospedaliere vengono descritte in maniera non proprio lusinghiera, non sorprende che il governo cerchi di tener lontani i “curiosi” dalle strutture sanitarie. Insieme ai giovani reporter della Montfort Media di Balaka ci siamo recati fino a Mangochi, sulle rive del lago Malawi, per documentare la situazione nell’ospedale locale, dove nel solo 2012 sono morte di parto 82 donne. Appena fuori dalla struttura incontriamo Funny Chilembo: un mese fa ha dovuto portare qui suo figlio Jefther, un anno e tre mesi. “La situazione era terribile – ricorda – c’erano fino a 5 bambini in un solo letto e non era possibile usare i bagni. Le mamme sono costrette a dormire per terra e il personale sanitario approfitta della loro ignoranza. Una donna si è rivolta a un medico implorandolo, lui le ha risposto che doveva essere lei a prendersi cura del suo bambino. Nella settimana in cui sono stata lì dentro almeno tre bambini sono morti, due dei quali di malaria, ma avrebbero potuto salvarli”.
All’esterno dell’ospedale, riparati dal sole cocente solo da alcuni alberi, i parenti dei pazienti aspettano che i loro congiunti vengano visitati, prima di poter far ritorno nei villaggi vicini. Alcuni sono qui dall’alba, e non andranno via prima della tarda serata. C’è anche chi viene da molto lontano e sarà costretto a passare qui la notte. L’ospedale serve fino a 80mila pazienti, ma il reparto maternità, ad esempio, ha solo 60 letti. In questo distretto il tasso di Hiv è di gran lunga superiore al resto del Paese (nel 2008 era al 21% contro il 14% nazionale), mentre per la malaria la vicinanza al lago (il terzo più grande d’Africa) è un incubatore perfetto.
Se fuori dall’ospedale riusciamo a parlare con qualche paziente appena dimesso o con i parenti, è quando proviamo a entrare che veniamo subito bloccati da Arnold Mndalira, giovane addetto stampa del ministero della Salute. Gentile, ma fermo, ci porge una nuova circolare interna che vieta l’accesso dei giornalisti negli ospedali del Paese senza un’autorizzazione governativa, decisione apparentemente presa dopo che alcune inchieste hanno svelato le pessime condizioni delle strutture sanitarie. È anche la presenza dei giornalisti locali della Montfort media a preoccupare le autorità: a un anno dalle elezioni lo scontro tra la presidente Joyce Banda e i media indipendenti si è fatto più duro, con i giornalisti accusati di aver “ucciso” con le loro critiche l’ex leader Bingu wa Mutharika. Veniamo così accompagnati alla porta. La circolare è datata 8 aprile, ma apparentemente non se ne era mai avuta notizia prima e anche il fatto di averne avuto una copia, in un Paese in cui è molto limitato l’accesso agli atti pubblici, non è così usuale. Così, di ritorno dall’ospedale, Joseph Kayira, redattore capo del quindicinale Mkwaso, ha scritto il seguente articolo per il sito www.montfortmedia, dando notizia delle nuove restrizioni e facendo notare il nuovo passo indietro sul fronte della libertà di stampa.
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