mercoledì 1 dicembre 2021
Oggi la Giornata mondiale, offuscata dalla pandemia: i casi sono in calo ma solo perché i controlli stanno diminuendo. Come l'attenzione sulla malattia
Oggi in tutto il mondo si celebra la Giornata contro l'Aids

Oggi in tutto il mondo si celebra la Giornata contro l'Aids - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

C'è stato un tempo in cui l’unica vera pandemia globale era quella dell’Hiv. Era l’epoca delle pubblicità progresso ansiogene che contornavano i contagiati di viola, l’epoca delle morti celebri causate dall’Aids, da Rock Hudson a Freddy Mercury a Rudolf Nureyev, fino all’annuncio-choc della sieropositività anche di uno sportivo, e che sportivo, all’apice della carriera, Earvin Magic Johnson. Verrà poi il momento dei concertoni e delle grandi raccolte

fondi, fino alla scoperta delle terapie con gli antiretroviral

i, di nuove speranze per chi, contagiato, seguendo le cure può di nuovo pensare di poter vivere a lungo. C’era un prima e un dopo, insomma, nella lotta all’Hiv di cui oggi si celebra la Giornata mondiale, anche se ampi pezzi di Sud del mondo restavano ancora indietro, risucchiati in quella spirale dalla fragilità dei propri sistemi sanitari. Trentasei milioni di morti più tardi, una storia che sembra antica torna oggi drammaticamente a ripetersi, nel tempo della pandemia del Covid,

un tempo che sembra essersi fatto

beffe dei progressi della medicina e delle campagne di prevenzione.

Complici i lockdown e con un’allerta sanitaria quasi completamente assorbita dal coronavirus, il volume di test condotti sull’Hiv è crollato nel 2020 di oltre il 40%, in parallelo a un calo del 75% di tracciamento dei nuovi casi di tubercolosi. Le autorità locali e le Ong hanno dovuto a lungo sospendere i progetti sanitari, altre li hanno comunque ridotti. Risultato: secondo Unaids il 2020 ha fatto registrare 1,5 milioni di nuovi sieropositivi (almeno 310mila i bambini, per Unicef), mentre nello stesso periodo le vittime di Aids nel mondo sono state 680mila.
L’accesso alle terapie è diminuito inoltre del 37%. Di più: due terzi dei sieropositivi vive oggi nell’Africa sub-sahariana, proprio in quei Paesi che meno hanno avuto accesso al vaccino contro il Covid, fondamentale per chi ha un sistema immunitario debole. Pandemie che si intrecciano, esacerbandosi a vicenda, apartheid sanitari che rendono il mondo ancora più diseguale. Perché laddove non c’è salute non c’è sviluppo, laddove non ci sono cure un bambino non gioca, una famiglia non cresce, un Paese non rinasce.
Nel Sud del mondo non mancano gli esempi di comunità locali che si affidano a piccole reti di quartiere e di villaggio: si riafferma la necessità di prendersi cura l’uno dell’altro. Ma rischia di non bastare, se in nome della lotta al Covid tornano ad alzarsi le barriere, il mondo a richiudersi, un fiocco rosso a restare solo un inerte pezzo di stoffa.


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: