giovedì 19 settembre 2019
Ennesimo camion bomba dei taleban a 9 giorni dalle elezioni presidenziali: almeno 20 morti. Un drone Usa anti Daesh per errore fa strage di civili: 9 morti e 6 feriti
Forze di sicurezza afghane di pattuglia a Jalalabad (Ansa)

Forze di sicurezza afghane di pattuglia a Jalalabad (Ansa)

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Mancano 9 giorni alle elezioni presidenziali del 28 settembre in Afghanistan e nel Paese sta accadendo ciò che molti temevano: lo scorso agosto i taleban avevano minacciato apertamente di voler colpire con attentati terroristici i comizi dei candidati e in generale la macchina organizzativa in vista del voto. Le minacce sono divenute drammatica realtà: stamani almeno 20 morti nell'esplosione di un camion bomba a Zabul; ieri 9 feriti in un attentato suicida contro un centro governativo a Jalalabad; l'altro ieri 26 morti per un'esplosione a un raduno elettorale nella provincia di Parwan e 22 vittime in un attacco vicino all’ambasciata americana a Kabul. Martedì i taleban avevano dichiarato che «la loro porta è aperta» per la ripresa dei colloqui di pace con gli Usa, interrotti a un passo dall’accordo per il ritiro di una parte delle truppe. Stamani anche un drone Usa ha fatto strage: almeno 9 civili sono rimasti uccisi, e 6 feriti, in un attacco che aveva per obiettivo terroristi del Daesh, nel distretto di Khogyani nella provincia di Nangarhar.

Con l’incalzare di nuovi attentati, in Afghanistan prosegue la conta di morti e feriti, quando invece sarebbe stato il momento di parlare di colloqui di pace. Esperti e osservatori che a Kabul o a Doha negli ultimi 9 mesi avevano seguito da vicino la trattativa tra Usa e taleban per un progressivo ritiro delle truppe statunitensi, giuravano che un’intesa fosse davvero a portata di mano. Quando un accordo «di massima» sembrava raggiunto, il presidente Donald Trump ha messo fine alla trattativa con un colpo di scena e una raffica di tweet.

«In effetti la sorpresa è stata grande, sia tra i taleban che per il governo afghano (che non era parte della trattativa, ndr), ma anche fra i diplomatici delle ambasciate presenti a Kabul» racconta Graeme Smith, ex funzionario Onu in Afghanistan, scrittore ed esperto dell’International Crisis Group. «Ci si trovava alla vigilia della prima seria negoziazione di pace nell’arco di una generazione. L’intesa Usa-taleban non era un accordo di pace, ma avrebbe aperto la porta a colloqui tra le controparti afghane. Si era davvero vicini. Ma la diplomazia internazionale è cosa ben diversa dal negoziare un affare immobiliare a New York».

I leader taleban e il presidente afghano Ashraf Ghani erano attesi a due separati incontri a Camp David per l’8 settembre. Lo ha rivelato lo stesso Trump. Poi, un attacco talebano il 6 settembre (nel quale ha perso la vita un soldato americano insieme ad altre 11 persone) avrebbe spinto Trump a ritirarsi.

Dopo la serie di tweet con cui Trump ha chiuso i colloqui, ho personalmente ricevuto messaggi dalla delegazione talebana a Doha e dai diplomatici occidentali a Kabul. Il contenuto era lo stesso. Si faceva riferimento alle parole del segretario di Stato Mike Pompeo in tv: Pompeo aveva parlato dell’uccisione da parte degli Usa di un migliaio di taleban nei 10 giorni precedenti alla rottura delle trattative, mentre Trump cancellava i colloqui perché un soldato americano era stato ucciso: una follia. Non dovremmo fare affidamento sui taleban perché uccidono? Gli americani e il governo afghano stanno facendo lo stesso. Questa è la natura di una guerra, di quella che è oggi la più fatale e prolungata del pianeta. Questo è il motivo per cui abbiamo la necessità di colloqui di pace, non certo la ragione per interromperli.

La prossima settimana i cittadini afghani saranno chiamati alle urne. Cosa accadrà?

L’attuale presidente Ghani è il favorito. In termini di processo di pace, non cambierà molto: il team di negoziatori del governo assomiglierà molto a quello attuale. Per il resto, gli americani e il governo afghano possono imporre una pausa alla trattativa, ma non bloccarla. Non esiste una realistica soluzione militare per sconfiggere i taleban. Si dovrà negoziare, prima o poi. E rimandare quel momento significa moltiplicare i morti. Il conflitto sta vivendo un’escalation e il governo afghano perde terreno. Se si negozierà più avanti si finirà per accettare un accordo peggiore.

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