martedì 22 ottobre 2019
L’Alta Corte decide «nel suo migliore interesse», d’accordo la famiglia adottiva. Un caso simile era stato dibattuto a giugno ma i giudici avevano acconsentito ai nonni di farsi carico del nascituro
L'Alta Corte britannica

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L’Alta Corte di Londra ha disposto la scorsa settimana che una ragazza disabile sui vent’anni, incinta da dodici settimane, debba interrompere la gravidanza nel suo «miglior interesse». La giovane, di cui non può essere resa nota l’identità, soffre di un ritardo che riduce le sue capacità cognitive a quelle di una bambina. Il pronunciamento del giudice David Basil Williams conferma il giudizio già espresso in merito dalla Court of Protection, il tribunale britannico che gestisce le controversie per cittadini incapaci di intendere e volere. L’ospedale a cui la ragazza era stata indirizzata da medico e servizi sociali ha dunque l’autorizzazione a procedere con l’aborto.

Un caso molto simile era stato dibattuto in aula lo scorso giugno ma, in quella circostanza, l’Alta Corte aveva rovesciato la posizione del tribunale di garanzia per i disabili perché la famiglia della ragazza per cui era stato chiesto l’aborto, anche lei con gravi deficit, si era offerta di prendersi carico del bambino che sarebbe nato. Il tribunale aveva però stabilito che, appena dopo il parto, la donna, cattolica di origini nigeriane, venisse sottoposta, nonostante la contrarietà della madre, a un trattamento di contraccezione. In questo caso, invece, nessuno farà appello alla decisione del giudice: l’aborto chirurgico è auspicato anche dalla famiglia adottiva con cui la giovane, originaria dell’Inghilterra del nord, ha vissuto gran parte della sua vita prima di essere affidata ai servizi sociali.

Stando alle motivazioni del giudice Williams, lasciare che la ragazza portasse avanti la gravidanza sarebbe stato dannoso e pericoloso, considerata l’aggressività che, sembra, abbia manifestato da quando è rimasta incinta. La donna, viene sottolineato, non potrebbe inoltre mai prendersi cura del nascituro. Sul caso sta indagando la polizia. Si cerca di capire in quali circostanze sia avvenuto il concepimento e chi possa essere il padre del bambino. Il sospetto degli investigatori è che si possa trattare di un altro disabile, incapace di percepire la portata dell’accaduto. La pista della violenza sessuale non viene tuttavia esclusa dagli inquirenti. A fare chiarezza, è l’auspicio degli inquirenti, potrebbe essere l’esame del Dna.

L’entrata a gamba tesa dei tribunali britannici nelle questioni relative alla vita come aborto, disabilità e dritto di cura è tristemente nota ormai da tempo. Lo stesso giudice Williams, leggendo la sentenza relativa alla giovane disabile costretta ad abortire, ha ammesso che la sua decisione avrebbe rappresentato una «significativa interferenza» nella sfera personale della ragazza, limitandone l’autonomia.

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